Approvato il primo “bando-tipo” ANAC nell’era del nuovo Codice
Alessandro Massari
A conclusione di un 2017 ricco di fermenti normativi e tante novità (decreto correttivo, linee guida nuove ed aggiornate e tanti altri provvedimenti), l’ANAC, dopo il consueto periodo di consultazione, ha definitivamente approvato, con deliberazione n. 1228 del 22 novembre 2017, il bando-tipo n. 1/2017, e più precisamente lo “Schema di disciplinare di gara a Procedura aperta per l’affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari sopra soglia comunitaria con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”. Altro schema di bando-tipo in fase di perfezionamento è il n. 2/2017 relativo ai servizi di pulizia.
Si tratta di un importante strumento operativo per le stazioni appaltanti, previsto nel quadro degli strumenti di regolazione flessibile di cui al comma 2 dell’art. 213 del Codice, a tenore del quale “L’ANAC, attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, comunque denominati, garantisce la promozione dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche”. Il documento è aggiornato al decreto correttivo e tiene conto sia delle prescrizioni contenute nelle diverse Linee guida adottate dall’Autorità, sia degli orientamenti giurisprudenziali formatisi sotto la vigenza del precedente Codice che rivestono ancora carattere di attualità.
Come noto, a norma dell’art. 71 del Codice “Al fine di agevolare l’attività delle stazioni appaltanti omogeneizzandone le condotte, successivamente alla adozione da parte dell’ANAC di bandi tipo, i bandi di gara sono redatti in conformità agli stessi”. Il Bando-tipo acquista efficacia il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella GURI, ai sensi dell’art. 213 comma 17-bis del Codice.
E’ consentita la deroga o integrazione allo schema del bando-tipo con adeguata motivazione nella determinazione a contrarre, peraltro nel rispetto delle norme del Codice e soprattutto del principio di tassatività delle cause di esclusione (art. 83, comma 8).
Nelle intenzioni dell’ANAC “L’adozione del Disciplinare-tipo agevolerà le stazioni appaltanti nella predisposizione dei documenti di gara, semplificando altresì gli adempimenti connessi alla partecipazione da parte degli operatori economici. Tale prassi favorirà, inoltre, la standardizzazione delle procedure di gara, riducendo scelte discrezionali della stazione appaltante con conseguenti maggiori garanzie in termini di legittimità, imparzialità, trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa. L’utilizzazione del disciplinare-tipo potrà in tal senso comportare vantaggi apprezzabili anche in termini di riduzione del contenzioso, con particolare riferimento alle ipotesi di impugnazione dei bandi di gara e dei provvedimenti di esclusione” (Relazione AIR). Come ogni atto di regolazione, il Disciplinare-tipo sarà sottoposto a verifica di impatto che sarà condotta dopo 12 mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Per comprendere a fondo le scelte adottate dall’ANAC e per utilizzare correttamente il bando-tipo è assai utile riferirsi sia alla Nota illustrativa, sia alla Relazione AIR allegata al testo definitivamente approvato, dove si dà conto dell’esito della consultazione, e in particolare dei rilievi accolti e di quelli respinti. Riservandoci un’analisi più approfondita e organica del documento e della nota illustrativa, si possono esprimere alcune prime valutazioni a caldo, rilevando già in prima battuta una complessiva pregevole fattura del documento.
Una prima considerazione può essere svolta sull’ambito oggettivo di applicazione del bando-tipo, con particolare riguardo alla sua vincolatività o meno per gli appalti di servizi dell’Allegato IX al Codice, sottoposti sia alla soglia speciale di 750.000 euro, sia ad un regime “alleggerito” delineato dagli artt. 142-144 del Codice. La nota illustrativa allegata al primo schema non aveva infatti evidenziato tale peculiarità, che invece è successivamente emersa in fase di consultazione.
Occorre evidenziare che i servizi dell’allegato IX al Codice, dopo le innovazioni introdotte dal correttivo, devono essere distinti in due macro-categorie:
- i servizi contemplati dall’art. 142, comma 5-bis: “servizi sanitari, servizi sociali e servizi connessi; servizi di prestazioni sociali; altri servizi pubblici, sociali e personali, inclusi servizi forniti da associazioni sindacali, da organizzazioni politiche, da associazioni giovanili e altri servizi di organizzazioni associative”, oltre a quelli richiamati dal comma 5-nonies (“Le disposizioni di cui ai commi dal 5-ter al 5-octies si applicano ai servizi di cui all’articolo 144, compatibilmente con quanto previsto nel medesimo articolo”), e quindi i servizi di ristorazione. Per questa categoria di appalti, il comma 5-septies dello stesso art. 142 stabilisce che “Oltre a quanto previsto dai commi da 1 a 5-sexies, devono essere, altresì, applicate per l’aggiudicazione le disposizioni di cui agli articoli 68, 69, 75, 79, 80, 83 e 95, adottando il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”. È agevole individuare, nel richiamo delle disposizioni di obbligatoria applicazione per la fase di aggiudicazione, il mancato rinvio all’art. 71 del Codice che stabilisce la vincolatività del bando-tipo.
- I servizi dell’Allegato IX diversi da quelli individuati dal comma 5-bis, e dunque, tra gli altri, i servizi culturali, ricreativi e sportivi, i servizi di formazione, i servizi legali (esclusi quelli di rappresentanza processuale esclusi ex art. 17, comma 1, lett. d)), i servizi di vigilanza, ecc., per i quali invece il bando-tipo è vincolante e la “semplificazione” si esaurisce nella possibilità, stabilita dall’art. 142, comma 1, di indire la procedura di aggiudicazione, in alternativa al bando di gara classico per ciascun appalto, mediante l’avviso di preinformazione “cumulativo” (che viene pubblicato in maniera continua, si riferisce specificamente ai tipi di servizi che saranno oggetto degli appalti da aggiudicare, e indica che gli appalti saranno aggiudicati senza successiva pubblicazione e invita gli operatori economici interessati a manifestare il proprio interesse per iscritto).
Come si dà conto nella Relazione AIR, “Si condivide l’osservazione secondo cui i servizi sociali sono sottoposti ad un regime alleggerito. In conseguenza, è stato indicato in nota illustrativa che il Disciplinare non trova applicazione agli stessi”. Va peraltro osservato che la nota illustrativa nel limitarsi ad affermare che “Il Disciplinare non si applica alle procedure per l’affidamento dei servizi sociali ai sensi dell’art. 142 comma 5-bis del Codice”, omette di comprendere anche gli altri servizi individuati dal comma 5-bis, tra i quali figurano, ad esempio, anche i servizi sanitari e, per effetto del richiamo del comma 5-nonies all’art. 144, anche i servizi di ristorazione. Un’occasione mancata per fare chiarezza sull’esatto ambito oggettivo di applicazione del bando-tipo, ferma restando l’opportunità di adottare comunque il disciplinare per garantire una migliore gestione della procedura (peraltro con maggiori spazi di integrazione e deroga, non soggetti all’obbligo di motivazione di cui all’art. 71, comma 1, ultimo periodo).
È invece apprezzabile la precisazione introdotta nella nota illustrativa sulla vincolatività del bando-tipo per le stazioni appaltanti operanti nei settori speciali che sono organismi di diritto pubblico, e quindi amministrazioni aggiudicatrici, quando affidano servizi e forniture non connesse con le attività di cui agli articoli da 115 a 121 del Codice, in quanto la disciplina di riferimento, in tal caso, resta quella dedicata ai settori ordinari (compresa la soglia comunitaria che passa da 418.000 a 209.000).
Tra le note positive che riscontriamo nel testo definitivamente approvato, si evidenzia l’opportuna soppressione della previsione contenuta al punto 19. lett. c) dello schema inizialmente posto in consultazione, relativa alla verifica dei requisiti autodichiarati dai concorrenti nella fase di controllo della documentazione amministrativa (“il …………… [RUP/seggio di gara/apposito ufficio-servizio] procedera: (…) c) ad effettuare, ai sensi dell’art. 71 del d.P.R. 445/2000, i controlli sulle dichiarazioni sostitutive rese dai concorrenti in merito all’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80 del Codice, nonché alla sussistenza dei requisiti di idoneità, capacità economico-finanziaria e tecnico professionale di cui al precedente punto 7 (cfr. Comunicato del Presidente ANAC del 26 ottobre 2016);”.
La clausola poteva infatti ingenerare l’equivoco della reintroduzione di una verifica a campione dei requisiti sia generali che speciali, ciò che avrebbe invero comportato un notevole aggravamento della procedura ed una significativa dilatazione dei suoi tempi, soprattutto in considerazione della mancata attivazione della Banca dati nazionale degli operatori economici. Si legge ora al punto 19, tra le istruzioni operative: “la stazione appaltante procede alla suddetta verifica in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive (DGUE e altre dichiarazioni integrative), rese dai concorrenti in merito al possesso dei requisiti generali e speciali”.
Altra modifica da salutare con favore è la soppressione dell’obbligo di seduta pubblica della Commissione giudicatrice per comunicare l’esito del procedimento di verifica di congruità dell’offerta. Adempimento non solo non previsto da nessuna norma vigente (l’art. 121 del d.P.R. 207/2010, dal quale era stata inizialmente mutuata la clausola, è invero abrogato), ma sostanzialmente privo di reale utilità (anzi foriero di un possibile aggravamento anche in termini finanziari nella prospettiva della composizione esterna della Commissione una volta che l’Albo nazionale sarà operativo).
Un elemento di forte criticità è invece costituito dalla clausola relativa alla terna dei subappaltatori e delle conseguenze in caso di mancato possesso dei requisiti anche in capo ad una soltanto delle imprese indicate nella terna. Si prevede al punto 9 del disciplinare-tipo: “I subappaltatori devono possedere i requisiti previsti dall’art. 80 del Codice e dichiararli in gara mediante presentazione di un proprio DGUE, da compilare nelle parti pertinenti. Il mancato possesso dei requisiti di cui all’art. 80 del Codice, ad eccezione di quelli previsti nel comma 4 del medesimo articolo, in capo ad uno dei subappaltatori indicati nella terna comporta l’esclusione del concorrente dalla gara”.
Come si dà conto nella Relazione AIR: “È stato osservato, da molteplici operatori, che appare eccessiva l’esclusione dalla gara del concorrente che ha indicato uno dei subappaltatori, carente dei requisiti generali. Secondo gli intervenuti, alla luce dell’interpretazione sistematica della disciplina, ciò apparirebbe in contrasto con la disciplina dell’avvalimento (art. 89, comma 3, Codice), dove si ravvisa un semplice obbligo di sostituzione; e con la stessa disciplina del subappalto (art. 105, comma 12) dove è riferita all’affidatario la sostituzione dei subappaltatori, se si verificano motivi di esclusione dell’art. 80 del codice; evidenziano in tal senso che il termine “affidatario” del richiamato comma 12 potrebbe essere analogamente applicato al concorrente e che l’esclusione del concorrente nel caso di un solo subappaltatore privo di requisiti priverebbe di senso l’indicazione della terna. A conforto di tale linea interpretativa è stato richiamato il parere del Consiglio di Stato, Commissione speciale, 3 novembre 2016, n. 2286” (nel quale si è sostenuto che, quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, sia sufficiente ad evitare l’esclusione del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare ovvero che il concorrente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni).
Nella nota illustrativa allegata al primo schema si era già affermato che “La lettura delle norme richiamate, alla luce dell’indicazione del Consiglio di Stato, non pare consentita, in mancanza di un intervento legislativo nel senso indicato, per il semplice fatto che l’art. 105, comma 12 non si riferisce al concorrente ma all’affidatario, il solo cui sia imposto di provvedere alla sostituzione dei subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80: la norma, infatti, appare verosimilmente relativa al momento successivo alla gara e all’aggiudicazione”.
Sul punto l’ANAC ha confermato la propria posizione restrittiva respingendo le osservazioni formulate in fase di consultazione “ancorché se ne ravvisi una certa fondatezza argomentativa e, soprattutto, si riconoscano le problematiche operative che tale opzione solleva. Sono state, pertanto, valutate con attenzione le alternative proposte e il loro impatto a legislazione vigente. In questo senso, tuttavia, appare rebus sic stantibus insuperabile, da parte di un atto regolatorio quale il presente Disciplinare tipo, l’ostacolo che deriva dall’interpretazione della lettera del Codice, la quale – all’art. 80, commi 1 e 5 – prevede che si debba procedere all’esclusione del concorrente, anche nel caso in cui il suo subappaltatore sia carente dei requisiti generali”.
A questo punto, due le possibili opzioni per le stazioni appaltanti, in attesa dei primi orientamenti della giurisprudenza: 1) allinearsi alla posizione dell’ANAC espressa nel bando-tipo; 2) seguire l’interpretazione del Consiglio di Stato, motivando la deroga nella determinazione a contrarre (richiamando sia le argomentazioni espresse nel parere della Commissione speciale, del 3 novembre 2016, n. 2286, sia il generale principio del favor per la massima concorrenza).