Autorizzazione paesaggistica e motivazione: esigenze di certezza giuridica
Sandra Antoniazzi
L’articolo esamina la disciplina dell’autorizzazione paesaggistica nella forma ordinaria e in quella semplificata, previste rispettivamente dall’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e dal d.p.r. 13 febbraio 2017, n. 31, per gli aspetti intricati inerenti alle competenze, ai procedimenti e ai relativi provvedimenti. In particolare, gli approfondimenti delle questioni critiche riguardano il contenuto adeguato della motivazione, soprattutto per l’ipotesi controversa del diniego di autorizzazione paesaggistica, l’esercizio di discrezionalità tecnica e l’ambito del sindacato del giudice amministrativo. L’ampio contenzioso relativo a questi aspetti sostanziali e le recenti soluzioni proposte dalla giurisprudenza, giustificano la riflessione circa l’opportunità di una norma sulla motivazione più specifica e tecnica rispetto alla formulazione ex art. 3 della legge n. 241/1990, per esigenze di certezza giuridica e una più efficace tutela preventiva dei beni e degli interessi paesaggistici e delle posizioni private.
Il regime dell’autorizzazione preventiva è previsto dall’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e il comma 1 stabilisce che “i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell’articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione”, sul presupposto della garanzia costituzionale di cui all’art. 9 Cost. Per gli interventi in aree o su immobili soggetti a tutela paesaggistica, i soggetti coinvolti dalla norma hanno l’obbligo di sottoporre all’ente competente, in genere ai Comuni delegati dalla Regione, i progetti delle opere da eseguire con la relativa documentazione per l’accertamento della compatibilità paesaggistica, al fine dell’atto autorizzatorio che spetta al medesimo ente locale; i lavori possono essere attivati solo dopo il rilascio del provvedimento positivo (art. 146, comma 2).
Il procedimento segue uno schema di co-gestione del vincolo paesaggistico e di co-decisione tra Regione o ente territoriale delegato e Soprintendenza, autorità statale periferica, con una chiara prevalenza delle valutazioni tecnico-discrezionali di quest’ultima in sede consultiva; è, inoltre, ammissibile l’approvazione del progetto subordinata a determinate condizioni o prescrizioni e spetta alla Soprintendenza il potere di verificare le possibili conseguenze dell’inserimento dell’opera nel contesto paesaggistico e di definire i necessari adattamenti per il rispetto degli obiettivi del vincolo.
Quindi, il riconoscimento della natura di bene paesaggistico per un immobile o per un’area specifica non determina l’imposizione di un vincolo di assoluta esclusione di qualsiasi intervento edilizio mediante opere di modifica oppure di trasformazione; inoltre, l’art. 149, comma 1, del Codice consente, senza particolari formalità né autorizzazione, alcune categorie di interventi consistenti ad es., nella manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo in assenza di un’alterazione della condizione dei luoghi e dell’aspetto esteriore degli edifici.