Barbiana: la Scuola che non è
Giovanni Fioravanti
Barbiana, una provocazione
Se vogliamo, la distanza che ci separa da Barbiana è abissale. La Barbiana senza energia elettrica e acqua corrente
appartiene all’altro millennio e noi siamo nel terzo millennio, ma ancora barcollanti in materia di istruzione e formazione e con una scuola e i suoi operatori che hanno perso di centralità.
Per dirla con Massimo Recalcati, viviamo nell’epoca dell’evaporazione della Scuola, della perdita di ruolo da parte
degli insegnanti. Mentre la scuola evapora, i saperi si dilatano e fuggono dalle gabbie tradizionali in cui sono stati
rinchiusi dalla scuola e dalle accademie per approdare in rete, in internet, dove ognuno con un click può disegnare
i propri percorsi personali di apprendimento.
La società della conoscenza, del Memorandum Lisbona 2000, sta destrutturando la scuola, la società si sta descolarizzando sotto i nostri occhi. Eppure non siamo certo stati fermi. La scuola pubblica, fortunatamente, non
è più quella del 1967. In mezzo ci sono stati la scuola di massa, i decreti delegati con il loro intento di dare alla
scuola stessa “i caratteri di una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica”, il tempo pieno,
la scuola dell’infanzia pubblica, la legge 517 del 1977, l’integrazione nella scuola di tutti dei diversamente abili
e altro ancora, ma anche le riforme mancate. Ma abbiamo vissuto anche l’abbandono della scuola, con vicende
che hanno segnato un forte processo di restaurazione e di caduta culturale nel Paese.
L’ultimo rapporto dell’Ocse, Education at a glance (2017) ci dice che nel 2014, ed è l’ultimo dato disponibile, la spesa in Italia per l’istruzione da quella primaria a quella terziaria è la più bassa tra i Paesi dell’Ocse e i Paesi partner.