Bonifiche e proprietario non responsabile: conseguenze economiche per interventi spontanei
Paolo Costantino
La materia delle bonifiche di siti contaminati, riportata nel titolo V, parte IV, d.lgs. 152/2006 (c.d. T.U. Ambiente), è una delle più discusse in dottrina e più trattate dalla giurisprudenza anche per la varietà di soggetti che possono essere coinvolti nell’affrontare, in parte ma anche in tutto, la situazione di contaminazione eventualmente riscontrata ed accertata su una certa area, a prescindere dalle effettive responsabilità – civili, amministrative ovvero penali – in ordine allo specifico fenomeno di inquinamento.
Partendo dalle norme, mentre il fondamentale art. 242 (Procedure operative ed amministrative) descrive l’iter procedimentale che deve essere seguito scrupolosamente per porre rimedio alla situazione di contaminazione mettendo al centro dello stesso il responsabile della contaminazione, tenuto a provvedere in applicazione del principio “chi inquina paga”, la necessità sostanziale di (provare a) risolvere una criticità ambientale ha fatto sì che, nel medesimo testo di legge, si prevedesse la possibilità che anche altri soggetti potessero portare avanti i necessari interventi ambientali per porre rimedio alle predette criticità. E si tratta di interventi in parte obbligatori ma in (maggior) parte facoltativi, suscitati dalla spontanea determinazione di costoro che, per varie ragioni, intendano procedere con i necessari interventi ambientali, eventualmente
ripetendo i costi dall’effettivo responsabile (ove individuato).
L’art. 245, per esempio, è espressamente dedicato agli “obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione” e stabilisce che le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere “comunque” attivati su espressa iniziativa degli “interessati non responsabili” (comma 1), ai quali viene esplicitamente riconosciuta “la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell’ambito del sito in proprietà o disponibilità” (comma 2).
La norma, poi, prosegue individuando una prima coppia di questi soggetti interessati ad intervenire, stabilendo che “il proprietario o il gestore dell’area” che rilevino il superamento o (più realisticamente) il “pericolo concreto e attuale” di superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC, riportate nella tabella 1, allegato 5, parte IV, T.U. Ambiente) devono darne “comunicazione” alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti (che poi attivano l’iter amministrativo conseguente), oltre ad “attuare le misure di prevenzione secondo le procedure di cui all’articolo 242”. Pertanto, al fianco dei soggetti effettivamente responsabili, in tutto o in parte, della contaminazione sulla base della propria condotta commissiva od omissiva (cfr. T.A.R. Lombardia, sez. IV, n. 144/18), possiamo trovare altre figure, come il proprietario dell’area (anche solo potenzialmente) contaminata o un gestore a vario titolo della stessa (affittuario, usufruttuario, ecc.) ai quali la legge consente la possibilità di intervenire.