La circolazione con targa falsa
Roberto Pullara
Il genio italico, si sa, è conosciuto in tutto il mondo. Ed in effetti, allorquando si affronta il tema della clonazione delle targhe automobilistiche, o comunque della loro falsificazione, le cronache riferiscono “brillanti” (!?) esempi di creatività ed ingegno da parte dei nostri connazionali.
Tuttavia la contraffazione della targa (in tutte le sue varianti) risulta essere condotta piuttosto grave, tale da generare grattacapi ben maggiori rispetto ai presunti vantaggi che l’improvvido cittadino credeva di poter conseguire. Tra gli svariati illeciti delineati dal codice della strada, abbiamo dunque deciso questa volta di affrontare le fattispecie descritte nell’art. 100 (in particolare ai commi 12 e 14) in tema di targhe di immatricolazione dei veicoli.
Procedendo con ordine, precisiamo che la fattispecie di cui al comma 12 – in seguito all’intervento di depenalizzazione del 1999, ex d.lgs. n. 507
– punisce con una sanzione pecuniaria la circolazione con un veicolo munito di “targa non propria o contraffatta”. Ben diverso il tenore – anche
sol per ciò che concerne la costruzione sintattica della prescrizione, che richiama chiaramente quella propria tipicamente dei precetti penali – del
comma 14, giusto il quale “Chiunque falsifica, manomette o altera targhe automobilistiche ovvero usa targhe manomesse, falsificate o alterate è punito ai sensi del codice penale”.
Occorre premettere che, come precisato dalla giurisprudenza, la targa automobilistica ha natura di certificazione amministrativa (e non di atto pubblico), trattandosi di un documento meramente dichiarativo che svolge la funzione di attestare l’avvenuta immatricolazione presso il competente ufficio pubblico.
La targa, in altri termini, assolve ad una funzione documentale in quanto rappresenta i dati d’identificazione (immatricolazione) di ogni veicolo. Discende da tale presupposto che la falsità in questione potrà integrare – in prima battuta – le ipotesi delittuose di cui all’art. 477 c.p. (in tema di falsità materiale in certificazione amministrativa, dal momento che viene in rilievo l’alterazione delle caratteristiche di “genuinità” della targa) e, per ciò che qui maggiormente interessa, di cui all’art. 482 c.p. (trattandosi di una falsità materiale in certificazione amministrativa commessa dal privato). Le ipotesi illecite previste dall’art. 100 del codice della strada ai commi 12 e 14 si distinguono allora in quanto la prima disposizione sanziona in via amministrativa l’atto in sé della circolazione con veicolo munito di targa non propria (in quanto appartenente ad un altro mezzo) o contraffatta, e sempre che all’agente non venga contestata anche la contraffazione della stessa; la seconda, per converso, punisce specificamente la contraffazione della targa, o l’aver fatto uso di targhe manomesse falsificate o alterate (così si esprime, tra le altre, la recentissima sent. n. 7614 del 2017 della Suprema Corte).
Essa potrà estrinsecarsi sotto forma di “fabbricazione abusiva” (falsificazione sotto il profilo della genuinità), “alterazione”
(dei caratteri di identificazione di una targa originale) o infine “manomissione” (ossia di quell’operazione che cagioni la mutazione fisica degli stessi componenti strutturali del corpo della targa, rectius di quelle che il precedente comma 9 definisce “le caratteristiche costruttive, dimensionali,
fotometriche, cromatiche e di leggibilità, nonché i requisiti di idoneità per l’accettazione”)…