I coniugi che risiedono in Comuni diversi non sono esenti dall’Imu
Giuseppe Debenedetto
Con la decisione n. 20130 del 24 settembre 2020 la Cassazione ha confermato il recente indirizzo di legittimità in materia di Imu, ribadendo che non spetta alcuna agevolazione nel caso in cui i coniugi risiedono in comuni diversi, dando così rilievo alla presenza dell’intero nucleo familiare nella casa adibita ad abitazione principale. La pronuncia ci offre lo spunto per riesaminare la controversa questione riguardante lo “spacchettamento” della famiglia in abitazioni ubicate in comuni diversi.
Con l’istituzione dell’Imu, l’art. 13, comma 2, del d.l. 201/2011 stabilisce che “per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”. Si tratta di una definizione che aggiunge un ulteriore requisito rispetto al d.lgs. n. 23/2011, rappresentato dalla necessità che l’unità abitativa sia costituita da un’unica unità immobiliare. La norma viene comunque modificata con il decreto-legge n. 44/2012, prevedendo che in tale immobile, oltre al soggetto passivo, vi dimori e abbia residenza l’intero “nucleo familiare”, precisando inoltre che “nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile”.