Consumo di territorio e limitazioni: la rigenerazione urbana
Paolo Carpentieri
Il tema dell’eccessivo consumo di suolo è al centro di un ampio dibattito nella società civile e nella discussione pubblica, prima ancora che tra gli studiosi di architettura e di pianificazione territoriale e tra i giuristi.
Nella specifica realtà italiana, ma è un discorso che può valere in generale per tutta la vecchia Europa, il problema della diffusione e della dispersione urbana e dell’eccessivo “consumo di suolo” si manifesta soprattutto nella progressiva cancellazione della linea di confine, una volta netta e chiara, tra città, campagna, altri centri abitati, borghi minori e natura.
Il paradigma figurativo è icasticamente rappresentato dagli affreschi del Palazzo Pubblico di Siena (quello di Guidoriccio da Fogliano, attribuito a Simone Martini, e quelli dell’Allegoria del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti), dove il confine tra città e campagna si presentava netto e definito e rappresentava, come nota Salvatore Settis, “elemento ordinatore di una visione generale del mondo, il cui significato era «naturalmente» al tempo stesso etico, economico, politico e giuridico”
Negli ultimi 70 anni si è avuta la progressiva erosione della campagna e la saldatura dei centri abitati tra loro. Sono nate megalopoli, nelle quali i vecchi nuclei e centri urbani sono ormai uniti in un tessuto continuo e ininterrotto di quartieri, di case popolari, di edilizia intensiva, di capannoni industriali, in cui l’elemento dominate, il vero collante interstiziale, è lo sprawl urbano, nel suo tipico, ma anonimo e insignificante scadimento di qualità architettonica.
Basta fare un giro in auto nelle periferie urbane dei grandi centri metropolitani, da Roma all’aeroporto di Fiumicino, da Napoli a Caserta, da Milano a Malpensa, o venire in treno qui a Varenna, passando per Lecco, per vedere e capire questa realtà e avere un’idea chiara della consistenza del problema dell’eccessivo consumo di suolo e della dispersione insediativa, senza dover snocciolare qui i dati, peraltro noti e continuamente aggiornati, forniti da ultimo dall’ISPRA e dall’ISTAT.
Voglio qui ricordare solo il dato di fatto che (dati ISTAT) in Italia ci sarebbero oltre 7 milioni di abitazioni non utilizzate e 700.000 capannoni dismessi (a parte gli immobili “fantasma”, non conosciuti al fisco, addirittura 1,2 milioni di case “fantasma” individuate con la fotoidentificazione – fonte Agenzia del territorio al 6 marzo 2008).
Non ci si meraviglia dunque se negli ultimi anni la discussione sul minor consumo di suolo, già viva da tempo nell’ambito degli urbanisti e degli architetti pianificatori, sia entrata a pieno titolo anche nel mondo del diritto, soprattutto a partire dall’ambito eurounitario (è noto il ruolo propulsore che la Comunità europea ha svolto nello sviluppo della nostra legislazione in materia ambientale, a cominciare dalla legge n. 349 del 1986 istitutiva del Ministero dell’ambiente).