I contratti pubblici ai tempi del Coronavirus
Antonio Vespignani
In circostanze normali, queste brevi note si sarebbero soffermate con scrupolosa attenzione sulle vicende connesse alla redazione del nuovo Regolamento di attuazione del Codice dei contratti che, proprio in queste settimane, ha visto la luce come bozza ed è pronto ad iniziare il proprio iter approvativo.
E invece, coerentemente con l’adagio della tradizione “Anno bisesto, anno funesto”, questi primi mesi del 2020 sono dominati dalle giustificate, gravi preoccupazioni che il flagello del Coronavirus – con il suo pesante fardello di contagio e di morte – sta diffondendo sull’intero territorio nazionale.
Oltre all’aspetto sanitario, con i suoi quotidiani bollettini da tempo di guerra, vi sono le pesantissime ripercussioni sull’economia del Paese, sia quella legata al commercio internazionale, sia quella volta al mercato domestico, come è il caso degli appalti pubblici.
Di fatto gli effetti dell’epidemia si manifestano a diversi livelli: dal contagio delle maestranze delle imprese, alle difficoltà nell’approvvigionamento delle merci e dei materiali e nello spostamento del personale, alla decisione di molte committenze di sospendere/interrompere/non avviare gli interventi in attesa di tempi migliori.
In questo quadro, sarebbe inutile attendersi da Governo e Parlamento, quest’ultimo oltretutto con operatività ridotta per ragioni di prevenzione sanitaria, che l’attività nomopoietica possa condurre a provvedimenti che vadano oltre la fase di gestione dell’emergenza.
E anche questi ultimi – in particolare quelli volti al sostegno delle attività economiche messe in ginocchio tanto dal contagio quanto dalle misure anti-contagio (si pensi in primo luogo al turismo o alla ristora-zione) – rischiano di gettare il loro seme rigeneratore in un terreno imprenditoriale ormai inesorabilmente inaridito.