Il controverso istituto del rinnovo convenzionale fra carenza di disciplina e pericoli di “esposizioni corruttive”
Massimiliano Alesio
L’istituto del rinnovo “convenzionale”, denominato pure “espresso”, costituisce, da tempo, un terreno di scontro, anche foriero di vivaci polemiche, fra opposti orientamenti, i quali rinviano anche a divergenti visioni della contrattualistica pubblica. Vediamo di che si tratta.
Il consentire un prolungamento temporale del contratto, in assenza di qualsivoglia selezione, sembra dar luogo ad un’eccessiva, fors’anche indebita, valorizzazione dell’autonomia privata, in un settore (quello della contrattualistica pubblica), contrassegnato dalla presenza e dal dominio dei marcati principi di concorrenza e trasparenza. Infatti, l’istituto dà luogo ad una chiara deroga dell’obbligo del confronto concorrenziale, concretandosi in una clausola, inserita nel disciplinare di gara e ribadita poi in sede di contratto, avente, solitamente, il seguente contenuto: “Il contratto ha durata per il periodo dal … al … Il contratto potrà essere rinnovato per un periodo di eguale durata, previo accertamento da parte dell’Amministrazione delle ragioni di convenienza e pubblico interesse”. Talora, viene inserito anche l’equivoco inciso: “alle medesime condizioni offerte in gara”. Inciso ambiguo, in quanto, come vedremo fra breve, comporta una situazione di confusione e di difficile differenziazione rispetto al diverso istituto della proroga. Quindi, un contratto viene rinnovato con il medesimo operatore economico, senza dar luogo ad alcuna nuova gara, sulla base di un duplice presupposto: – previsione anticipata del rinnovo in sede di bando di gara (o lettera di invito); – accertamento delle ragioni di convenienza e di pubblico interesse da parte della stazione appaltante.
Il primo presupposto dovrebbe esplicare una funzione di larvata trasparenza preventiva: gli operatori economici sono resi consapevoli, sin dall’inizio, che il contratto potrà essere prolungato e ciò potrà anche avere qualche effetto positivo di induzione a ben eseguire le prestazioni contrattuali in capo all’aggiudicatario. Tra l’altro, costituisce regola generale quella secondo cui occorre tener conto, in sede di calcolo del valore complessivo del contratto, anche di eventuali rinnovi. Dunque, gli operatori economici devono essere resi edotti della possibilità di rinnovo.
Il secondo presupposto è, indubbiamente, quello più delicato, in quanto introduce una possibilità, rectius una facoltà in capo alla stazione appaltante: il contratto “potrà” essere rinnovato sulla base di un accertamento preventivo, diretto a far luce su due elementi: ragioni di convenienza e ragioni di pubblico interesse. Tutto sembra chiaro, ma, come la prassi ben tristemente insegna, siffatto accertamento discrezional-preventivo viene effettuato in modo alquanto disinvolto e trascurato. Ed è proprio in tale presupposto, che si annidano le incertezze, i dubbi e le oscurità dell’istituto.