I costi “nascosti” delle trasfusioni in Italia alla luce delle nuove infezioni. Il contesto della talassemia
Massimo Crotti, Salvatore Mandarà, Angelo Ostuni, Valeria Maria Pinto
Le sindromi talassemiche sono le più frequenti malattie monogeniche e sono caratterizzate dalla riduzione o soppressione della sintesi di catene emoglobiniche con conseguente squilibrio del rapporto tra catene α e β della globina e ridotta quantità di emoglobina all’interno dei globuli rossi. Le manifestazioni cliniche variano da forme paucisintomatiche fino a gravi casi di anemia cronica con possibilità di complicanze che possono avere un esito infausto.
Per quanto concerne gli aspetti epidemiologici della malattia, i dati di frequenza pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità riportano un valore di emoglobinopatie variabile da 0,1 a 4,9/1.000 nati vivi nelle regioni di Mediterraneo, Est Europa e Medio Oriente. Galanello e Origa in una pubblicazione del 2010 riferita all’Unione Europea evidenziano una incidenza annua di 1 su 10.000 soggetti sintomatici affetti da β-Talassemia e un valore a livello mondiale di 1 su 100.000. Per quanto riguarda il contesto italiano viene invece stimato un numero pari a 6.500-7.000 soggetti talassemici trasfusione-dipendenti.
I pazienti talassemici, infatti, vengono suddivisi tra affetti da talassemia trasfusione-dipendente (TDT, noti anche con altra classificazione come affetti da β-talassemia major) e da talassemia nontrasfusione-dipendente (noti anche con altra classificazione come affetti da β-talassemia intermedia). I primi necessitano di una gestione che garantisca terapie e trasfusioni regolari, per tutta la durata della loro vita, che si traduce in ingenti costi per il Servizio Sanitario Nazionale.