Costituzione e cittadinanza?
Giovanni Maria Flick
In questi mesi si è parlato molto di sovranità popolare: “la sovranità appartiene al popolo” (articolo 1), popolo che giustamente si considera in diritto di esercitarla come meglio crede. Tuttavia l’articolo 1 della Costituzione aggiunge con altrettanta chiarezza una condizione fondamentale che troppo spesso è dimenticata o è nascosta disinvoltamente in un cassetto: “il popolo la esercita (la sovranità) nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Ciò vuol dire che ogni sistema democratico deve avere un check and balance, dei contrappesi, un equilibrio, una serie di limiti, controlli e bilanciamenti tra la posizione della maggioranza e quella della minoranza. Si deve consentire a quest’ultima – al momento opportuno, attraverso un sistema elettorale efficiente e corretto – di diventare maggioranza e viceversa.
Si devono garantire a tutti, cittadini e stranieri, alcuni diritti inviolabili, sia come singoli che nelle formazioni sociali, ma anche chiedere l’osservanza dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Si devono assicurare a tutti eguaglianza e pari dignità sociale. L’emblema e il punto centrale di questa prospettiva è la sintesi tra il diritto e il dovere al lavoro, che è posta alla base della nostra Costituzione; e che esprime gli aspetti più significativi della nostra personalità, della nostra identità e del nostro modo di essere con gli altri.
Il vero problema da affrontare oggi è che la Costituzione è molto bella, ma non per questo bisogna santificarla e considerarla intoccabile; o limitarsi al suo elogio retorico e formale; o ignorarne le lacune e i difetti emersi in più di settanta anni di vita di essa; o al contrario buttarla via, come il bambino insieme all’acqua sporca.