Dalle aggregazioni nazionali di imprese alle joint ventures internazionali
Mauro Rubino-Sammartano
Alle imprese che intendono ricorrere a coalizioni con altre per svolgere uno o più affari, il nostro ordinamento offre – come è noto – varie opzioni.
La materia, a prima vista semplice, in realtà si articola in soluzioni disparate che presentano aspetti anche delicati, che saranno solo ricapitolati – in quanto noti – in vista del raffronto con le formule disponibili sul piano internazionale.
Tra di esse la joint venture, pur trasmettendo un’immagine chiara e all’apparenza esaustiva, è in effetti da mettersi a fuoco con attenzione per non esporsi ad effetti indesiderati.
Sul piano nazionale
Consorzi. – Anzitutto è a disposizione degli operatori, come è noto, la costituzione di un consorzio, che ha l’obiettivo di offrire alle imprese consorziate vantaggi competitivi e strategici e che potrà svolgere solo attività interna o anche esterna.
Un consorzio potrà essere di natura contrattuale o dar vita ad una società consortile.
La specificità essenziale del consorzio è l’assenza di finalità di lucro.
Associazioni temporanee di imprese. – Il raggruppamento di imprese è un accordo con il quale più imprese conferiscono un mandato collettivo irrevocabile ad un terzo, denominato “capogruppo” o “società mandataria” in relazione ad uno specifico obiettivo. La capogruppo agisce in nome di tutti i mandanti ed effettua un’offerta congiunta al committente a nome delle imprese che costituiscono il raggruppamento.
L’associazione temporanea di imprese è caratterizzata da un lato dal rapporto sul piano interno, ossia tra le varie imprese in esso raggruppate e dall’altro, sul piano esterno, dal rapporto tra il raggruppamento e i terzi, tra cui in primo luogo il committente.
Gli associati ad un’ATI restano soggetti giuridici autonomi, mentre la capogruppo, in base al mandato collettivo di rappresentanza, rappresenta tutti gli associati operando in nome e per conto loro sia sul piano contrattuale che su quello processuale.
L’ATI è un’entità diversa dalle imprese che l’hanno costituita, ma solamente un’entità di fatto.
La responsabilità nei confronti dei terzi è solidale tra le imprese in essa associate.
La costituzione dell’ATI è prevista in vista della partecipazione ad un appalto pubblico. Ciò non impedisce ad avviso di chi scrive, che delle imprese possano utilizzare lo stesso schema contrattuale, o uno schema molto simile anche per appalti privati.
Anche le ATI si distinguono in orizzontali e verticali. Nelle prime gli associati svolgono attività omogenee e costituiscono l’ATI onde poter avere migliori requisiti per vincere una gara. Nelle ATI verticali invece la capogruppo è specializzata nella categoria principale dei lavori, mentre altre imprese coprono Fantastique secondarie. Se queste ultime sono scorporabili, per i propri lavori risponde, in deroga alla responsabilità solidale di tutti gli associati, solo l’impresa che li deve eseguire, unitamente alla capo gruppo.
Associazione in partecipazione. – Tale associazione è l’oggetto di un negozio sinallagmatico tra un associante e uno o più associati. L’associato effettua un apporto finanziario. Non molto tempo fa è stato infatti escluso che l’apporto possa essere costituito solamente da una prestazione di lavoro.
L’associante svolge l’intera attività dell’impresa, e ne sostiene gli oneri e acquista i diritti.
A fronte del proprio apporto, l’associato acquista il diritto agli utili nella misura concordata. L’associato partecipa anche alle perdite in misura peraltro non superiore al valore del proprio apporto
Qualora le parti pattuiscano che l’associato partecipi agli utili, ma non alle perdite, si verte in tema di contratto di cointeressenza.
A differenza dell’ATI, l’associazione in partecipazione dà vita solo ad un rapporto interno tra associante ed associato.
Sul piano internazionale
Le joint ventures. – La joint venture è un tipo contrattuale molto flessibile che si presta ad adattarsi a molte disparate esigenze associative.
Quando imprese appartenenti a diversi ordinamenti intendono aggregarsi, la tendenza generale è di far ricorso ad una joint venture. Essa ha la finalità di far beneficiare i partecipanti dei vantaggi consistenti nell’unire risorse, ad esempio tecniche, di maestranze co-economiche tra varie imprese della stessa o di diverse giurisdizioni.
Altre volte essa è invece solo la conseguenza di una richiesta ufficiale, in alcuni Stati, che per poter eseguire determinate opere l’operatore straniero debba avere la partecipazione di uno sponsor locale.
Viene effettuato un rapido sorvolo degli aspetti principali della joint venture, rinviando alle varie monografie per ogni opportuno approfondimento.
Definizione. – Le joint ventures sono state oggetto di un’ampia serie di definizioni, la maggior parte delle quali è peraltro a volte troppo astratta; non a caso si è parlato al riguardo di elusive definitions.
Tra tutte esse forse la più incisiva è la seguente, di ispirazione di Common Law, Partnership for a single transaction.
Della general partnership infatti essa ha di regola la caratteristica fondamentale della responsabilità solidale e illimitata di tutti i soci. In altre situazioni le parti, costituendo una joint venture, disciplinano il rapporto in maniera diversa. Così esso potrà essere di limited partnership o di limited liability partnership in cui alcuni soci non partecipano alla gestione e quale contropartita non assumono una responsabilità illimitata.
La distinzione principale tra la joint venture e la partnership di Common Law è che la joint venture è limitata ad uno scopo specifico, mentre la partnership generalmente abbraccia tutti i rapporti tra tali parti. In tal senso sono le pronunzie in Nelson e altre.
La joint venture è stata descritta come un “Economic Marriage”.
Delle linee guida relative ad essa sono state elaborate da Orgalime.
Distinzione di fondo. – Una netta distinzione è da effettuarsi tra corporate joint ventures, che danno vita ad un soggetto giuridico, e contractual ventures, che si limitano a creare tra i componenti un vincolo contrattuale.
Un’altra classica distinzione è tra joint ventures verticali e orizzontali. Come indicano tali termini, la joint venture è verticale quando collega imprese aventi diversi e spesso decrescenti magisteri, mentre essa è orizzontale quando collega imprese aventi le stesse caratteristiche e nelle quali, malgrado svolgano la stessa attività, secondo l’antico adagio, “l’unione fa la forza”.
Joint ventures bilaterali o plurilaterali. – Il mondo degli appalti è contraddistinto da joint ventures bilaterali; a fianco di esse sono peraltro le joint ventures multilaterali, le quali – pur nella complessità alla quale esse possono dare vita – possono per grandi opere essere necessarie o quanto meno opportune.
Il ricorso ad una joint venture è a volte più vantaggioso dell’impiego di subappaltatori, mentre in altre situazioni la soluzione preferibile potrà essere quest’ultima.
Nuove entrate e uscite della joint venture. – L’entrata di nuovi joint venturers richiede il consenso di tutti gli altri.
In una joint venture multilaterale sarà da disciplinare anche l’esclusione di un joint venturer, mentre in quella bilaterale contrasti al riguardo daranno luogo ad uno stallo e spesso ad un contenzioso.
Forma della joint venture. – Viene discusso nelle varie giurisdizioni se la forma scritta sia prescritta. Nel senso che una forma specifica non sia prescritta è la giurisprudenza americana, tra cui in McDermott.
Negli ordinamenti di Common Law, in cui tra l’altro la tecnica dell’implied term è molto più invalsa che in quelli di diritto scritto, è stato affermato che il contratto di joint venture può essere provato anche solo in base alla condotta delle parti. In tal senso è il precedente Legum.
Con riferimento alla situazione che si determina allorquando più parti, pur non costituendo una joint venture, si siano comportate in maniera da causare in terzi il ragionevole convincimento che esse operano in regime di joint venture, si parla di una apparent joint venture o di una joint venture by estoppel. In tal senso si è espressa la giurisprudenza americana in Martin.
La stipula di una joint venture non per iscritto, anche ove consentita, appare peraltro destinata a essere fonte di incertezze, malintesi e possibili speculazioni.
Lo sponsor. – Quando la normativa del paese, in cui l’opera deve essere eseguita, prescrive la presenza di uno sponsor di qualche sorta, quale garante dell’operato di un soggetto straniero e affinché egli da esso impari e tragga profitto, non di rado è più adeguata la definizione della joint venture come un “forced marriage”.
Il rapporto con lo sponsor può essere, o avvicinarsi ad, un’associazione in partecipazione.
Eccessi opposti nei rapporti tra partners. – Qualora i rispettivi ruoli dei partners non siano stati ben definiti, si registrano due opposti eccessi. Da un lato si può avere lo “sleeping partner”, ossia un partner che non fa nulla, confidando nell’operosità dell’altro partner e attendendo di beneficiarne dei risultati economici, e dall’altro un partner “iperattivo” che vuole fare a suo vantaggio più di quanto i patti prevedano e che così facendo crea tensioni e a volte danneggia anche irreparabilmente il funzionamento della joint venture. Esperienza non rara ad esempio quanto a joint ventures nel Medio Oriente.
Ripartizione dei compiti. – È indispensabile, come è noto, per doverosa chiarezza, che i ruoli di ciascun partner siano nettamente definiti, in particolare ove si sia in presenza solamente di uno sponsor
Requisiti di fondo. – I requisiti di fondo per un buon risultato di una joint venture sono in prima linea una rispettiva fiducia e la chiara individuazione dei compiti di ciascuno.
In tale contesto è di conseguenza indispensabile un accurato advance planning, ossia la precisa individuazione dei compiti di ciascuno.
Essi potranno prevedere da un lato l’attività esecutiva, dall’altro un ruolo strategico e progettuale, dall’altro ancora ancora la messa a disposizione di risorse economiche, o umane, o di linee di credito.
Gestione della joint venture. – Da qui la necessità che venga disegnato sin dall’inizio il modello gestionale da seguirsi e quindi precisate le mansioni operative di ciascun componente della joint venture, così come se si prevedono gestioni separate e complementari o una gestione congiunta.
Le specificità dei singoli joint venturers forniscono di regola gli elementi per determinare la soluzione corretta nel caso specifico.
La struttura gestionale messa a punto comporterà anche un controllo da parte di ciascun joint venturer sull’operato degli altri, compito che potrà anche essere affidato ad un terzo indipendente a ciò delegato.
Gli accordi tra le parti regoleranno anche la tenuta della contabilità e il suo controllo.
L’organigramma della joint venture. – I ruoli direttivi saranno individuati in relazione alla distribuzione di compiti nell’ambito della joint venture. Si avrà così ad esempio un direttore generale, il project manager, oppure un comitato di direzione.
Le decisioni di fondo saranno generalmente adottate da rappresentanti di ciascun joint venturer da designarsi sin dall’inizio.
Si avrà così pure il ricorso di una delle parti, quando insoddisfatta della decisione del project manager o del comitato di direzione, ai rappresentanti dei joint venturers.
Utili e perdite. – La ripartizione tra i joint venturers degli utili e perdite è di regola determinata in base alla partecipazione di ciascuno mediante un contributo quantitativo e qualitativo al raggiungimento dell’oggetto “sociale”.
La forza contrattuale dominante di un joint venturer può a volte peraltro portare ad un’esclusione di uno di essi da tutti o parte dei benefici o delle perdite. L’operatore economico può non rendersi conto di tutte le conseguenze di un simile patto, che può essere fonte di grandi tensioni, sino al blocco dell’operatività della joint venture. L’intervento del legale interno ed esterno di ciascuna impresa la aiuterà ad evitare questa e anche altre situazioni che possano in qualche modo portare anche ad una nullità dell’accordo.
Responsabilità. – Tema delicato nei rapporti tra joint venturers è la responsabilità di ciascuno verso i terzi non solo per il proprio operato, ma anche per l’operato dell’altro. Si è così in presenza di quella che in Common Law è denominata vicarious liability.
Di mutual agency si parla anche nel senso che ciascun joint venturer vincola gli altri quando opera nell’ambito della joint venture.
La formazione di una joint venture crea un rapporto fiduciario tra le parti, la cui natura è così descritta dal giudice Cardoso in Meinhard: “Joint adventurers, like copartners, owe to one another, while the enterprise continues, the duty of the finest loyalty. Many forms of conduct permissible in a workaday world for those acting at arm’s length, are forbidden to those bound by fiduciary ties. A trustee is held to something stricter than the morals of the market place. Not honesty alone, but the punctilio of an honor the most sensitive, is then the standard of behavior.”
Legge applicabile. – Qualora i joint venturers appartengano a diversi ordinamenti, l’individuazione della legge applicabile eviterà che in assenza di essa il giudice o l’arbitro debba ricorrere a metodi di determinazione della legge applicabile i cui effetti potrebbero cogliere di sorpresa almeno una delle parti.
La scelta di una legge applicabile diversa dalla legge del luogo in cui l’opera deve essere eseguita, non sostituirà di regola quest’ultima ad esempio in materia di tassazione, di previdenza sociale, di rapporti di lavoro.
La scelta della legge applicabile e la legge del luogo in cui l’opera va eseguita. – La legge del luogo in cui l’opera va eseguita, ove estesa ai diritti e doveri delle parti nei rapporti tra di esse, potrebbe essere in varie situazioni diversa dalla disciplina degli ordinamenti ai quali i venturers appartengono e con essa confliggere.
La tecnica contrattuale del depeçage, ove riconosciuta dalla legge applicabile, offre la possibilità di gestire diversamente i vari aspetti di un rapporto.
Durata. – La durata della joint venture è di regola legata al raggiungimento dell’obiettivo o al momento in cui esso sia divenuto impossibile.
Une durata temporale rigida sarà molto meno frequente o potrà non essere facilmente gestibile.
Verifica degli ostacoli all’adempimento e di tutela dall’inadempimento della controparte. – La verifica di possibili ostacoli all’esecuzione dell’opera e/o degli accordi e delle eccezioni che il committente possa sollevare per giustificare il proprio inadempimento sarà verificata in base alla legge applicabile.
Frustration e force majeure. – In base alla dottrina del frustration quando, senza colpa di una parte, sia divenuto impossibile eseguire un’obbligazione contrattuale a causa di un mutamento di circostanze, che rende l’obbligazione di una parte totalmente diversa da quella originariamente pattuita, l’obbligazione viene meno.
Tale teoria non corrisponde esattamente alla force majeure relativamente alla quale, in causa Matsoukis, il giudice inglese si è così pronunciato
“I am not going to attempt to give any definition of the words ‘force majeure’ but I am quite satisfied that I ought to give them a more extensive meaning than ‘act of God’ … The difficulty is to say how extensive” mentre in Labeaupin, la questione è stata approfondita dal giudice nei seguenti termini: “This term is used with reference to all circumstances which are independent of the will of man, which it is not in his power to control and which are sufficient to justify the non-execution of a contract. Thus, war, inundations and epidemics are cases of force majeure.”
Hardship clauses. – A fianco della frustration e della forza maggiore, a volte, pur restando la prestazione possibile, essa diviene più onerosa.
Per superare le a volte sottili diversità tra i vari ordinamenti, è opportuno che le parti regolino nel contratto di joint venture anche le situazioni di onerosità o difficoltà sopravvenuta.
In Superior Overseas i giudici inglesi hanno ritenuto che, benché il Tribunale non abbia il potere di stipulare contratti al posto delle parti o di riscriverli, tuttavia quando le circostanze inducano a ritenere che – in mancanza di un accordo specifico al riguardo – le parti intendevano comunque che vi fosse una ragionevole soluzione al problema, il giudice può intervenire in tale direzione.
Regolamentazione degli effetti di variazioni o lavori extracontrattuali. – L’opera da eseguirsi da parte della joint venture come è noto varia spesso in corso d’opera. È così opportuna nel contratto di joint venture la previsione della situazione in cui il committente apporti delle variazioni anche rilevanti ad essa (per non parlare di lavori extra contrattuali) e degli effetti di tali nuovi lavori sulle obbligazioni dei singoli venturers.
Contrasti e contenzioso. – Per le divergenze tra joint venturers sarà generalmente prevista la ricerca della loro soluzione all’interno della joint venture.
Ove esse non trovino in tale fase la soluzione, si darà luogo ad un contenzioso spesso in sede arbitrale. Il ricorso all’autorità giudiziaria e a volte anche all’arbitrato sarà spesso largamente contrastato.
DAB e DRB. – Anche se non è previsto in ogni joint venture, nei rapporti tra stazione appaltante e joint venture appaltatrice può essere agevolmente importato dalla normativa FIDIC lo strumento del dispute adjudication board o del dispute resolution board per cercare di far sì che si eviti il ricorso ad un contenzioso, spesso lungo e costoso. Tali boards hanno uno o più componenti, i quali seguono sin dall’inizio i lavori. Ad essi è affidata rispettivamente la raccomandazione o la decisione di controversie, salvo – ove non accettata – il ricorso all’arbitrato o al giudice ordinario.
Mediazione. – Il ricorso alla mediazione non è generalmente previsto nei contratti di joint venture.
La grande importanza che una ben strutturata procedura di mediazione ha al fine di evitare alle parti qualsiasi contenzioso, sia esso arbitrale o dinnanzi all’autorità giudiziaria, fa sì che sia altamente raccomandato prevedere quale primo passo in caso di mancata risoluzione diretta tra le parti, il ricorso ad un mediatore esperto nelle tecniche di mediazione all’americana, invalse nei rapporti internazionali, e dotato di doti psicologiche, che sappia quindi aiutare le parti a valutare meglio i propri punti forti e deboli, così come quelli della loro controparte, e così a vedere la controversia in una luce diversa. Passo indispensabile perché ciascuna parte riesca a modificare la propria visione della vertenza e divenga possibile trovare una nuova soluzione reciprocamente accettabile