Definizione agevolata delle ingiunzioni di pagamento: rottamazione anche per i comuni
Stefania Zammarchi
L’entrata in vigore del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (c.d. “decreto crescita 2019”) ha offerto ai comuni la facoltà di introdurre la definizione agevolata delle ingiunzioni di pagamento, grazie all’estensione agli enti locali delle procedure già previste per l’Agenzia delle entrate.
Riferimenti normativi
L’opportunità recata dall’art. 15 del decreto 30 aprile 2019, n. 34 consente ai comuni di disciplinare le modalità di accesso ai contribuenti alla “rottamazione” delle somme poste in riscossione coattiva con lo strumento dell’ingiunzione di pagamento, di cui al regio decreto n. 639/1910. Le disposizioni intervenute afferiscono alle ingiunzioni notificate negli anni compresi fra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017, di competenza delle regioni, delle province, delle città metropolitane e dei comuni, ossia ai provvedimenti emessi a seguito dell’attività di recupero coattivo dei crediti dei suddetti enti.
Gli atti ingiuntivi di pagamento oggetto della previsione legislativa in commento sono strumenti impiegati per il recupero coattivo delle entrate non riscosse, alternativi al ruolo ed alla cartella di pagamento, riservati all’agente nazionale della riscossione. L’ambito di applicazione della disciplina contenuta nel decreto citato, come anticipato, è stato ampliato a tutte le entrate locali, tributarie e non tributarie, ad opera delle previsioni dettate dall’art. 52, del decreto legislativo n. 446/1997. Preme rammentare che, a decorrere dal 1° gennaio 1998 l’ingiunzione di pagamento può essere utilizzata dalle amministrazioni territoriali, nonché dai concessionari iscritti all’albo ministeriale di cui all’art. 53, del richiamato decreto n. 446/1997, quando operano per tali enti, nell’ipotesi in cui attivino le procedure di riscossione coattiva, in ragione delle quali sono tenuti ad utilizzare questo strumento in luogo del ruolo e della cartella di pagamento. Peraltro, l’adozione dell’ingiunzione di pagamento permette al concessionario/agente della riscossione privato di sfruttare le procedure esecutive recate dal d.P.R. n. 602/1973, ossia fermo amministrativo, ipoteca, pignoramento mobiliare e immobiliare, presso terzi, nel caso in cui il soggetto ingiunto non proceda al pagamento. Il procedimento di coazione, in pratica, consiste in un ordine di pagamento attraverso il quale l’ente impositore intima di pagare, entro un preciso arco temporale, l’importo indicato nell’atto, pena gli atti esecutivi. In pratica si tratta delle procedure di riscossione coattiva non affidate all’Agente nazionale della riscossione, ossia ad Agenzia Entrate-Riscossione (già Equitalia S.p.A.), per le quali l’atto per l’azione di coazione è il “ruolo coattivo”, regolato dal d.P.R. n. 602/1973.
Il contribuente ha comunque la possibilità di impugnare l’atto entro 60 giorni dalla notifica, se la somma da recuperare è un tributo, mentre nel caso cui si tratti di un’entrata non tributaria, il termine per impugnare è di 30 giorni.
Le previsioni agevolative introdotte dal d.l. n. 34/2019, dunque, prevedono la facoltà per i comuni di attivare tali procedure di favore per i contribuenti ai quali viene intimato il pagamento dei debiti scaduti mediante l’utilizzo di questo specifico strumento di riscossione coattiva.
Nell’ambito delle sanatorie che afferiscono ai debiti iscritti “a ruolo”, si ricorda che per quelli che alla data del 24 ottobre 2018, avevano un importo residuo fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, il legislatore ha previsto l’annullamento automatico, stante le previsioni di cui all’art. 4, del d.l. n. 119/2018 (convertito con legge n. 136/2018). Questi carichi, coinvolti nella “sanatoria delle mini-cartelle”, erano riferiti anche alle cartelle per le quali era già intervenuta la richiesta di definizione delle medesime, di cui all’art. 3, del medesimo decreto. Tale norma, di fatto, ha rappresentato un colpo di spugna per tutti i crediti entro l’ammontare predetto, con diretti riflessi sui bilanci comunali senza, peraltro, alcuna possibilità di intervento da parte degli enti locali, chiamati a “rottamare”, al 31 dicembre 2018, gli importi iscritti a fronte di tali crediti. I comuni, infatti, non hanno avuto l’onere di predisporre alcun atto per applicare la previsione normativa predetta, in quanto operante ex lege.