Demenza e identità personale
Antonio Monteleone
«La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (CRPD – Convention on the Rights of Persons with Disabilities) è stata adottata nel 2006, ma solo ora comincia a essere usata dalla comunità della demenza. La sua ratifica da parte dell’Unione europea e di 163 Paesi impegna i governi, nel contesto del diritto internazionale, a implementare ciascuno dei suoi obblighi generali, principi generali e 37 articoli sostanziali. (…) Le persone sofferenti di demenza sono contenute nella definizione
inscritta nell’articolo 1 del testo della convenzione: “Le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri.”» (Tratto da: The Human Rights of People Living
with Dementia: from Rhetoric to Reality – A Dementia Alliance International publication – 16 May 2016, first edition).
Si comprende immediatamente che tali diritti chiariscono e articolano un complesso di situazioni giuridiche strettamente collegate al concetto di persona, che va ben oltre a quello di semplice soggetto giuridico. La persona è un essere dotato di una propria identità, ossia di una combinazione originale di caratteristiche che dà luogo a soggetti unici e irripetibili tanto sul versante dell’auto-percezione del proprio “io”, che su quello dell’eteropercezione, ossia l’individuazione in ambito familiare e in quello della comunità frequentata.
La salute è un bene attinente al corretto funzionamento dei processi biologico-funzionali e psichici alla base dell’esistenza. Pertanto, in assenza di salute fisica e psichica, viene compromesso l’impegno per conservare e promuovere il normale perfezionamento della vita umana e per compiere serenamente i compiti di provvedere a sé stessi e contribuire alla crescita e sviluppo della famiglia e della comunità di appartenenza. La salute è un bene costantemente minacciato dalla malattia, il cui
impatto sui fondamenti identitari varia in base alla sua gravità, alla sua persistenza nel tempo e a possibili effetti deformativi sia fisici sia del senso della propria dignità. Non c’è alcun dubbio, infatti, che alterazioni funzionali e dell’aspetto fisico costringono il concetto di sé (autostima, autoefficacia, immagine corporea) a nuovi equilibri individuali, familiari e comunitari, non facili da raggiungere.