Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT): riflessioni giuridiche e suggerimenti operativi
Romano Minardi
Senza una seria analisi giuridica, meglio se supportata da un confronto altrettanto serio e il più largo possibile, il lavoro di interpretazione di una norma rischia di portare a conseguenze operative discutibili se non palesemente errate. Se poi si tratta di una norma che introduce una fattispecie giuridica totalmente nuova, allora il rischio si fa davvero forte e, spesso, si arriva a soluzioni corrette solamente a seguito dell’intervento della giurisprudenza.
Purtroppo, i Servizi demografici sembrano essere diventati il bersaglio preferito per tutte le principali innovazioni amministrative introdotte dal nostro Paese, non solo legate ai progetti strategici dell’Italia Digitale (ANPR e CIE).
In questo contesto, ormai consolidato, anche la nuova legge sul cosiddetto “Testamento Biologico” non poteva certo fare eccezione; e infatti, il legislatore ha scelto di attribuirne la competenza agli ufficiali dello stato civile; un figura professionale che ha dimostrato nella sua lunga e gloriosa storia di meritare la massima fiducia delle istituzioni e dei cittadini che sanno di poter contare su professionisti in grado di offrire la migliore garanzia di tutela dei loro fondamentali diritti personali.
Il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la legge 22 dicembre 2017, n. 219 recante “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” (DAT). La norma, come afferma la circolare n. 1 dell’8 febbraio 2018 del Ministero dell’interno – Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali – Direzione Centrale per i Servizi Demografici, “mira a tutelare il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona, stabilendo che, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge, nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata”.
Ciò che interessa la competenza dell’ufficiale dello stato civile riguarda l’espressione del consenso in relazione all’eventuale “prosecuzione” del trattamento sanitario; consenso che può essere negato anticipatamente da tutte le persone maggiorenni senza distinzione di cittadinanza, capaci di intendere e volere e residenti nel Comune.
Le disposizioni che interessano l’ufficiale dello stato civile sono concentrate nell’art. 4 della legge n. 219.
La norma è sufficientemente chiara, ma necessita di atti integrativi che dovranno essere emanati dal Ministero della salute e dalle Regioni (art. 4, commi 7 e 8); in particolare, occorre stabilire le modalità operative necessarie al collegamento delle DAT con la cartella clinica o il fascicolo sanitario elettronico.