Distanze minime tra edifici: il dossier de L’Ufficio Tecnico
Donatella Salamita
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 140 del 17 giugno 2019, vigente il giorno successivo, è la legge n. 55 del 14 giugno 2019 rubricata “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”.
La norma in questione incide sulla disciplina urbanistico-edilizia di cui al d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001 (d’ora in avanti T.U.E.), le cui ultime modifiche ed integrazioni vanno ricondotte al c.d. “Decreto SCIA 2”, il d.lgs. n. 222/2016, introduttivo dei regimi di semplificazione amministrativa, ed in ultimo alla c.d. “Manovrina”, d.l. 50/2017 convertito dalla l. 96/2017, art. 65-bis, limitatamente alla dizione di risanamento e restauro conservativo di cui alla lettera c) comma 1 dell’art. 3 del T.U.E.
Il decreto “Sblocca cantieri” prende “il via” sin dalla sua stessa rubricazione, laddove letti i termini “rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”, che immediatamente incanalano verso i canoni sui quali è articolata la rivisitazione del Testo Unico per l’Edilizia.
Più precisamente interviene un riesame dell’art. 2-bis “Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati”, viene introdotto l’art. 94-bis “Disciplina degli interventi strutturali in zone sismiche”, si modificano, integrano e sostituiscono, parzialmente, gli articoli 59 “Laboratori”, 65 “Denuncia dei lavori di realizzazione e relazione a struttura ultimata di opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica”, 67 “Collaudo statico” e 93 “Denuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche”.
Il presente dossier sulle distanze minime tra edifici è stato sviluppato sia con ausilio del bagaglio normativo, che dell’esperienza professionale maturata, ed è arricchito da un modesto approfondimento portato da quelle che amo definire “le preziose pronunce giurisprudenziali” utilissime per l’ampliamento concettuale, posto che una simile trattazione non può circoscriversi alla sola valutazione dei disposti “innovati”, principalmente per l’interposizione frapposta tra i contenuti del decreto ministeriale n. 1444 del 2 aprile 1968 “Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 765 del 1967”.
Decreto che nel 1968 nasce in attuazione ai commi 8 e 9 dell’art. 41-quinquies della legge urbanistica n. 1150/1942, così come introdotto dall’art. 17 legge Ponte in materia urbanistica n. 765/1967, ora oggetto di rielaborazione da parte del legislatore, che al comma 1 dell’art. 5 l. 55/2019 ne chiarisce i motivi, ovvero di voler addivenire ad una “radicale” riduzione del consumo di suolo, mediante la facilitazione della rigenerazione e la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, incipit dal quale promuovere ed agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate, interessate dalla preponderanza di quei tessuti edilizi eterogenei, disorganizzati e/o incompiuti.
Spiegazioni che acquistano maggiore valore dalla volontà, proprio, di favorire il miglioramento e l’adeguamento sismico degli edifici esistenti, nonché di incrementare lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, pure laddove la finalità sia doversi e/o volersi adeguare alla normativa comunitaria europea.
Distanze minime tra edifici. La riflessione in materia di distanze legali
Nel sancire la norma il legislatore ha, logicamente, puntualizzato l’assoluto rispetto della competenza statale, del diritto di proprietà e dei disposti del codice civile, laddove concede facoltà alle regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano di emanare proprie leggi e regolamenti, introduttive delle deroghe sugli standard urbanistici di cui al d.m. n. 1444/1968.
Si instaura, per tali enti, un’operatività che, mediante una sequela di azioni, instrada i comuni alla definizione dei limiti di densità edilizia, altezza e distanza degli edifici, in particolare per giungere al soddisfo degli obiettivi che la norma si prefigge, ma, nell’ambito di un potere di azione che potrà esercitarsi nel corso delle definizioni o delle revisioni degli strumenti urbanistici per quanto concerne i limiti degli spazi da riservare ad insediamenti residenziali, produttivi e/o destinati ad attività collettive, al verde e ai parcheggi, previa l’interposta e preliminare adozione di tali piani da parte della rispettiva regione o, nel caso di Trento e Bolzano, della provincia autonoma.
Quanto espresso potrebbe far ipotizzare un, non escluso, modus operandi che si andrebbe a contraddistinguere per eterogeneità, considerato che vi saranno regioni, ivi comprese, eventualmente, le due province autonome, che si attiveranno tempestivamente e, contestualmente, altre che manifesteranno inazione e/o inerzia.