Governo del territorio per una rigenerazione urbana “seria”
Clemente Pio Santacroce
Il tema della partecipazione dei cittadini alla definizione ed attuazione delle politiche, dei programmi e degli interventi di rigenerazione urbana, è senz’altro da inquadrare, in termini teorici generali, entro la più ampia cornice della partecipazione nel governo del territorio, la quale presenta non pochi profili di complessità e di attualità.
È questo un ambito del diritto urbanistico – e, più in generale, delle politiche pubbliche – nel quale non è difficile imbattersi in forti contraddizioni. Una, forse, su tutte. Mentre sul piano teorico, infatti, è da tempo ben battuta la via per sostenere, in modo convincente, che urbanistica e partecipazione debbano costituire un indissolubile binomio, su quello delle norme e della loro concreta operatività, tutto si fa d’un tratto più sfuggente.
Si ha la precisa sensazione – come è stato ben detto – di trovarsi dinanzi ad un problema «sul quale da tempo si cerca invano una soddisfacente soluzione», forse – però – senza volerla davvero trovare.
Anche qui, come in gran parte della disciplina urbanistica italiana, si registra la presenza di (spesso assai) risalenti frammenti normativi statali e tentativi (a volte effettivamente innovativi, altre volte meramente ripetitivi o – ancor peggio – dissimulati o sviati) di “fughe in avanti” da parte della legislazione regionale, la quale tende ad occupare spazi legislativi incolti o comunque da tempo abbandonati dal livello centrale, e in ogni caso a «supplire» – talora con non pochi e anche rilevanti “sconfinamenti” rispetto alle regole di riparto della potestà legislativa tra Stato e Regioni – all’«inerzia» del legislatore statale.
Anzi, con riguardo a detta ultima riflessione, può forse dirsi che la disciplina sulla partecipazione civica nel governo del territorio rappresenti – tra gli altri – un caso paradigmatico di supplenza legislativa regionale.
Sul punto, in effetti, la legislazione urbanistica statale non sembra essersi mai più di tanto allontanata dal modulo partecipativo delle osservazioni al piano, introdotto – non senza tratti di originalità – dalla Legge urbanistica fondamentale del 1942, e poi interpretato estensivamente, con il successivo avallo della giurisprudenza amministrativa, da una ben nota circolare ministeriale del 1954.