La conversione del decreto sostegni-ter e le questioni tuttora aperte per servizi e forniture
Alessandro Massari
La Legge 28 marzo 2022, n. 25 ha convertito, con modificazioni, il Decreto-legge 27 Gennaio 2022, n. 4 (c.d. “Sostegni-ter”), nel quale, come noto, si collocano le importanti disposizioni sulla revisione prezzi e sulle compensazioni negli appalti pubblici, al fine di contrastare la grave congiuntura economica derivante dalla pandemia.
Le modifiche alla disciplina già introdotta dal Decreto sono peraltro di assai lieve entità, e riguardano essenzialmente solo il settore dei lavori, lasciando così drammaticamente irrisolte questioni urgenti e indifferibili per il settore di servizi e forniture, ove in alcuni casi si sta assistendo, a causa dell’incontrollato aumento dei costi di materiali ed energia, all’interruzione di prestazioni essenziali (ad esempio in ambito sanitario), con immaginabili difficoltà in capo alle pubbliche amministrazioni e con altrettanto tangibili criticità per i diritti dei cittadini.
In sede di conversione non sono state infatti accolte le sollecitazioni dell’ANAC e delle associazioni di categoria degli operatori economici, tese ad estendere anche agli appalti di servizi e forniture, la disciplina sulle compensazioni per il caro-materiali previste per i lavori.
In particolare l’ANAC, nel Comunicato del Presidente del 25 febbraio 2022, aveva chiesto “… che la compensazione dei prezzi avvenga non soltanto per i lavori pubblici, ma anche per servizi e forniture. L’obiettivo dell’Autorità è quello di stabilire meccanismi che consentano di riguadagnare un equilibrio contrattuale, adeguando un aumento dei valori negli appalti per tenere conto dei costi reali. Se non lo si fa: o le gare vanno deserte, o partecipa solo chi poi chiederà varianti con aumento dei prezzi, oppure la prestazione non viene adempiuta… In questo momento non dobbiamo guardare al risparmio immediato, ma riconoscere che bisogna avere clausole di adeguamento dei prezzi che tengano conto dei costi reali, indicizzando i valori inseriti nel bando di gara. Altrimenti rischiamo di vanificare lo sforzo del PNRR, perché le gare di appalto andranno deserte, o favoriranno i “furbetti” che punteranno subito dopo l’aggiudicazione a varianti per l’aumento dei prezzi. Molto meglio stabilire dei meccanismi trasparenti e sicuri di indicizzazione, così da favorire un’autentica libera concorrenza e apertura al mercato plurale, e serietà in chi si aggiudica l’appalto…. Risulta quindi imprescindibile l’individuazione normativa della percentuale di scostamento, oltre che delle modalità operative e dei limiti della compensazione”.
L’art. 29 del decreto convertito prevede, come noto, un regime transitorio fino al 31.12.2023, nel quale:
a) in generale, è obbligatorio l’inserimento nei documenti di gara iniziali, delle clausole di revisione dei prezzi previste dall’articolo 106, comma 1, lettera a) del Codice;
b) solo per i lavori, in deroga all’articolo 106, comma 1, lettera a), IV periodo, del Codice, le variazioni di prezzo dei singoli materiali da costruzione, in aumento o in diminuzione, sono valutate dalla stazione appaltante soltanto se tali variazioni risultano superiori al cinque per cento rispetto al prezzo, rilevato nell’anno di presentazione dell’offerta, anche tenendo conto di quanto previsto dall’emanando decreto del MIMS; in tal caso si procede a compensazione, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il cinque per cento e comunque in misura pari all’80 per cento di detta eccedenza, nel limite delle risorse di cui al comma 7 dello stesso art. 29”.
Si deve ricordare che la legge delega per la riforma del Codice dei contratti pubblici, nel testo approvato in Commissione Senato, prevede tra i nuovi criteri direttivi “l’obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi di gara un regime di revisione dei prezzi per il verificarsi di condizioni oggettive”, (oltre alla “ridefinizione della disciplina delle varianti in corso d’opera”).
La scelta di rinviare la disciplina delle compensazioni per servizi e forniture in sede di riforma degli appalti pubblici, lasciando così alle stazioni appaltanti il difficile compito di rinegoziare i contratti in corso di esecuzione, pare tuttavia molto discutibile avuto riguardo alla drammaticità all’attuale quadro emergenziale. E’ una scelta che trascura proprio la trasversale finalità anticongiunturale dichiarata dal comma 1 dell’art. 29 del decreto: “… al fine di incentivare gli investimenti pubblici, nonche’ al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale derivante dalla diffusione del virus COVID-19”, alla quale si aggiunge ora anche il devastante impatto derivante dalla ben nota crisi Ucraina.
Proprio con riguardo a quest’ultima nuova emergenza – prima umanitaria e poi economica – va ricordato che il Decreto Legge 21 marzo 2022 n. 21 (“Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina”) ha previsto una serie di azioni anch’esse perimetrate al solo settore dei lavori. L’art. 23 (Revisione prezzi) prevede infatti che “1. Al fine di mitigare gli effetti economici derivanti dagli aumenti eccezionali dei prezzi di alcuni materiali da costruzione, nonche’ dei carburanti e dei prodotti energetici, il Ministero delle infrastrutture e della mobilita’ sostenibili, in relazione alle domande di accesso al Fondo per l’adeguamento dei prezzi di cui all’articolo 1-septies, comma 8, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, puo’ riconoscere, nel limite complessivo del 50 per cento delle risorse del medesimo Fondo e nelle more dello svolgimento dell’attivita’ istruttoria relativa alle istanze di compensazione presentate secondo le modalita’ di cui al citato comma 8, un’anticipazione pari al 50 per cento dell’importo richiesto in favore dei soggetti di cui al comma 7 del medesimo articolo 1-septies ed all’articolo 25, comma 8, del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17. Ad esito dell’attivita’ istruttoria di cui al periodo precedente, il Ministero delle infrastrutture e della mobilita’ sostenibili puo’ disporre la ripetizione totale o parziale dell’importo erogato a titolo di anticipazione, che e’ versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnato al Fondo di cui all’articolo 1-septies, comma 8, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106”.
E, ancora al comma 2 si dispone, per il 2022, l’incremento di 200 milioni di euro del Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche di cui all’art. 7 del DL 76/2020 (“Semplificazioni -1”) e di 120 milioni di euro del Fondo per l’adeguamento dei prezzi, di cui all’articolo 1-septies, comma 8, del DL 73/2021 (“Sostegni-bis”), entrambi applicabili alle opere e lavori pubblici.
L’unica novità introdotta dalla legge di conversione del decreto Sostegni-ter è limitata soltanto agli accordi quadro di lavori di cui all’art. 54 del d.lgs. n. 50/2016. La L. 25/2022, infatti, ha inserito il comma 11 bis all’art. 29, in forza del quale “In relazione agli accordi quadro di lavori di cui all’articolo 54 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, già aggiudicati ovvero efficaci alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le stazioni appaltanti possono, ai fini della esecuzione di detti accordi secondo le modalità previste dai commi da 2 a 6 del medesimo articolo 54 e nei limiti delle risorse complessivamente stanziate per il finanziamento dei lavori previsti dall’accordo quadro, utilizzare le risultanze dei prezzari regionali aggiornati secondo le modalità di cui al comma 12 del presente articolo, fermo restando il ribasso formulato in sede di offerta dall’impresa aggiudicataria dell’accordo quadro. Nelle more dell’aggiornamento dei prezzari regionali, le stazioni appaltanti possono, ai fini della esecuzione degli accordi quadro secondo le modalità di cui ai commi da 2 a 6 del citato articolo 54 e nei limiti delle risorse complessivamente stanziate per il finanziamento dei lavori previsti dall’accordo quadro, incrementare ovvero ridurre le risultanze dei prezzari regionali utilizzati ai fini dell’aggiudicazione dell’accordo quadro, in ragione degli esiti delle rilevazioni effettuate dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili su base semestrale ai sensi del comma 2 del presente articolo, fermo restando il ribasso formulato in sede di offerta dall’impresa aggiudicataria dell’accordo quadro”.
A differenza della disciplina sulla clausola revisionale e delle compensazioni (applicabile solo alle procedure bandite dal 27 gennaio 2022), è stata introdotta in questo caso una sorta di “limitata retroattività”, seppure con una serie di contrappesi. Oltre a circoscrivere l’applicazione della previsione ai soli accordi quadro, la legge di conversione dispone che le stazioni appaltanti “possono” utilizzare i prezziari aggiornati. Inoltre, ciò è previsto “nei limiti delle risorse complessivamente stanziate per il finanziamento dei lavori previsti dall’accordo quadro”.
A sorpresa, nel testo ufficiale pubblicato in GU, non è comparsa la norma annunciata dal Governo sulla possibilità di prorogare i termini di esecuzione delle prestazioni o sospendere del tutto le attività degli appalti colpiti dagli eccezionali rincari delle materie prime, escludendo la responsabilità degli appaltatori (la disposizione prevedeva: “Fino al 31 dicembre 2022, le variazioni in aumento dei prezzi di alcuni materiali da costruzione, rilevate dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, ovvero gli aumenti eccezionali dei prezzi dei carburanti e dei prodotti energetici, accertati dal responsabile unico del procedimento nell’appalto in contraddittorio con l’appaltatore, possono essere valutati come causa di forza maggiore e dare luogo alla sospensione della prestazione qualora impediscano, anche solo parzialmente, il regolare svolgimento dei lavori ovvero la regolare esecuzione dei servizi o delle forniture. Qualora gli aumenti impediscano di ultimare i lavori, i servizi o le forniture nel termine contrattualmente previsto, costituiscono causa non imputabile all’esecutore e questi può chiedere la proroga del termine per eseguire la prestazione”).
In questo contesto di vuoto normativo per servizi e forniture si pone la complicata questione della rinegoziazione dei contratti in corso di esecuzione. Va ricordato che la Corte di Cassazione ha recentemente evidenziato come, in generale la pandemia (e, oggi dobbiamo tristemente aggiungere, la drammatica crisi Ucraina) abbia messo in luce che “il principio della vincolatività del contratto – in forza del quale pacta sunt servanda – debba essere contemperato con l’altro principio del rebus sic stantibus, qualora per effetto di accadimenti successivi alla stipulazione del contratto o ignoti al momento di questa o, ancora, estranei alla sfera di controllo delle parti, l’equilibrio del rapporto si mostra sostanzialmente snaturato. Ciò, peraltro, anche in assenza di specifiche clausole al riguardo, in nome del generale principio di “buona fede”, che ha valore d’ordine pubblico e si colloca tra i principi fondanti del nostro ordinamento sociale. La “buona fede”, infatti, impone un comportamento corretto e cooperativo fra le parti al fine di favorire il compimento del risultato negoziale, anche attraverso la disponibilità a riallinearne il contenuto alle mutate circostanze. Pertanto, la “buona fede” può salvaguardare il rapporto economico che le parti avevano originariamente inteso porre in essere, imponendo la rinegoziazione del contratto che si sia squilibrato, al fine di favorirne in tal modo la conservazione” (cfr. Relazione della Corte di Cassazione n. 56/2020).
In questo quadro va richiamato anche l’art. 1467 c.c. a tenore del quale “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti e’ divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione puo’ domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’art. 1458. La risoluzione non puo’ essere domandata se la sopravvenuta onerosita’ rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale e’ domandata la risoluzione puo’ evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”. Si può ritenere che sia la pandemia da Covid-19, sia i recenti straordinari aumenti dei costi energetici e dei materiali abbiano oggettivamente costituito “avvenimenti straordinari e imprevedibili” eccedenti “l’alea normale del contratto”.
Per le pp.aa. tali indicazioni vanno evidentemente calate nel sistema normativo dei contratti pubblici e nel quadro dei principi di economicità, contenimento della spesa pubblica e di effettività dell’interesse pubblico sotteso alla corretta esecuzione della prestazione. Come noto, in generale, la finalità del meccansimo revisionale “è da un lato quella di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte; dall’altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto» (ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. III, 02/05/2019, n. 2841).
E’ dunque essenziale nell’economia complessiva della rinegoziazione ponderare diverse variabili: la pregnanza dell’interesse pubblico da tutelare (specie allorquando possa venire compromesso dall’interruzione della prestazione); la fungibilità o meno del contraente; la possibilità o meno di individuare tempestivamente un’alternativa meno onerosa per l’amministrazione; la disponibilità di risorse nel quadro economico dell’intervento o nel bilancio.
La legge di conversione non ha neppure colto l’occasione per chiarire i molteplici profili di incertezza e ambiguità interpretativa dell’art. 29 del decreto, in particolare sull’inserimento obbligatorio della clausola revisionale: la norma si applica anche agli affidamenti diretti? E quid iuris per le concessioni (si pensi alla gestione di un impianto sportivo a seguito degli aumenti energetici)? La clausola revisionale obbligatoria si applica anche ai lavori, oppure per questi trova applicazione solo la disciplina delle compensazioni?
Attendiamo con trepidazione le soluzioni che saranno individuate dal Governo nel nuovo Codice, in attuazione dei nuovi criteri direttivi della legge delega, sul tema della revisione/compensazioni.
Nel mentre, le stazioni appaltanti dovranno fare ricorso alla strumentazione giuridica prevista dal Codice (modifiche e varianti per cause impreviste ed imprevedibili, accordi bonari a seguito di iscrizione di riserve) per salvaguardare l’interesse pubblico, e non subire interruzioni di servizi essenziali o pesanti contenziosi con gli operatori economici.
In questo numero, il Focus è dedicato al tema degli acquisti sul MEPA quale sistema di “hybrid e-procurement” a cura di Giancarlo Sorrentino. Altri interessanti contributi sono quelli di Mario Oscurato sulla risoluzione del contratto d’appalto di lavori, di Agostino Sola sull’affidamento di servizi commerciali negli aeroporti, di Dario Immordino sulla distinzione tra appalti e concessioni. Assai ricca in questo numero la sezione “Indirizzi operativi” con i contributi sull’affidamento diretto “mediato” con Rdo MePA, sulla rotazione e sull’affidamento dei servizi postali.