La diffusione fraudolenta di registrazioni audio e video di conversazioni private è reato
Francesco Modafferi
Registrare una conversazione telefonica a noi diretta o un colloquio al quale partecipiamo non richiede più il possesso di sofisticati strumenti tecnologici; basta un semplice smartphone. Lo stesso dicasi per le riprese video.
La facilità di realizzazione delle riprese audio video, unita alla leggerezza con la quale, sempre più spesso, i contenuti delle riprese vengono diffusi (ad esempio attraverso i social network) hanno fatto crescere negli ultimi anni l’allarme sociale connesso a questo tipo di abusi, inducendo il legislatore a rafforzare il quadro sanzionatorio introducendo nel codice penale il reato di «Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente» che punisce, con la reclusione fino a quattro anni, «chiunque, al fine di recare danno all’altrui reputazione o immagine, diffonde con qualsiasi mezzo riprese audio o video, compiute fraudolentemente, di incontri privati o registrazioni, pur esse fraudolente, di conversazioni, anche telefoniche o telematiche, svolte in sua presenza o con la sua partecipazione». Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
La disposizione va a rafforzare la tutela della riservatezza della nostra vita di relazione, sempre più minacciata da comportamenti illeciti che possono determinare conseguenze, anche gravi, alle persone offese, incidendo pesantemente sulla loro immagine, reputazione e dignità.
La tutela della sfera all’interno della quale ciascuno deve poter esplicare liberamente la propria “vita privata”, al riparo da ogni invasione esterna (volontaria o involontaria), è garantita, a livello costituzionale, agli articoli 14 e 15 con riferimento al domicilio e alla libertà e segretezza delle comunicazioni.