La legge regionale Emilia-Romagna n. 24 del 2017
Giorgio Pagliari
La legge regionale Emilia Romagna n. 24 del 2017 sulla tutela e l’uso del territorio (di seguito indicata anche con l’acronimo L.R.U.) ha come primo obiettivo il contenimento del consumo del suolo (art. 1, II comma, lett. a), “a saldo zero… entro il 2050” (art. 5, I comma), così che “a tale scopo, gli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica perseguono la limitazione del consumo di suolo, attraverso il riuso e la rigenerazione urbana”.
La ratio della legge e il progetto o l’idea, che la ispirano, sono chiari: dalla pianificazione espansiva alla pianificazione dell’esistente; dalla pianificazione, che doveva garantire un corretto sfruttamento del territorio, ad una pianificazione, che tendenzialmente inibisca quest’ultimo e consenta di ottenere “nuovi” volumi (quasi) esclusivamente attraverso il ri-utilizzo dei fabbricati esistenti.
Un vero e proprio “cambiamento di libro”!
È chiaro, infatti, che vengono a mutare completamente l’approccio scientifico, quello metodologico e, consequenzialmente, quello giuridico. Il che significa, tra l’altro, che il modello codificato dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150 (di seguito anche richiamata con L.U.) è del tutto superato, essendo notoriamente legato ad un contesto politico e socio-economico affatto diverso, la cui prospettiva non era e non avrebbe potuto essere il consumo di suolo zero.
Fin banale è osservare che questa nuova prospettiva avrebbe dovuto e dovrebbe spingere il legislatore nazionale al varo di una nuova legge urbanistica. Di una simile spinta non vi è, al contrario, alcuna traccia seria e neanche sembra emergere nel dibattito politico nazionale l’attualità del problema.
Succede così che, nonostante il III comma dell’art. 117 Cost., il potere legislativo regionale si sostituisca (ancora una volta) a quello nazionale, dando luogo a leggi urbanistiche fondate sul principio di consumo di suolo zero, che – come detto – è l’esatto opposto di quello che ispirò la L.U.
La forzatura (per usare un eufemismo) è evidente e va ben oltre quella operata dalle leggi urbanistiche regionali di seconda (o terza) generazione, che hanno introdotto il piano strutturale e quello del Sindaco, grazie alla “scissione” del piano regolatore generale.