Le chiavi del successo formativo
Iacopo Casadei
Ogni studente in difficoltà sperimenta intense sensazioni di disagio e impotenza e nella ricerca più o meno consapevole delle ragioni del proprio malessere a un certo punto una domanda inevitabilmente si affaccia alla sua mente: “Quando ho perso il controllo della mia vita?”.
Lo psicologo Martin Seligman definisce come impotenza appresa la consapevolezza maturata da chi, in seguito a ripetute esperienze di fallimento, ritiene di non avere più il controllo su ciò che gli accade. Tale sensazione di mancanza di potere sugli avvenimenti rende passivi, toglie fiducia ed energia, e numerosi studi rivelano che i risultati scolastici sono fortemente correlati a quanto un allievo sente di controllare i propri processi di apprendimento, alla fiducia che ripone nel fatto che impegnandosi potrà raggiungere gli obiettivi.
Seligman sottopose il campione di nuoto Matt Biondi a un interessante esperimento: l’allenatore Thornton, durante la preparazione alle olimpiadi, chiese alla squadra di nuotare al massimo delle possibilità. Biondi realizzò un ottimo 50.2, ma il suo allenatore, d’accordo con Seligman, comunicò agli atleti tempi peggiori di quelli realizzati, e chiese di riprovare. Contrariamente a tutti gli altri membri della squadra, che al secondo tentativo peggiorarono la prestazione, Biondi migliorò ulteriormente, realizzando un tempo di 50.0. Persino atleti olimpici di livello internazionale tendono a perdere la fiducia di fronte a prestazioni deludenti; possiamo immaginare quanto sia ancora più difficile per un ragazzo mantenere la fiducia e la percezione di controllo degli eventi se a scuola si sente perennemente in affanno. La percezione del bambino è mediata
da quello che docenti e famiglia si aspettano da lui: è importante non solo moderare le aspettative in base alle competenze ma anche e soprattutto non definire i risultati attesi in base a standard di efficienza predefiniti, bensì in relazione all’impegno e alla concentrazione che l’allievo pone nel suo lavoro e ai progressi compiuti, tutti elementi maggiormente governabili rispetto a un mero risultato scolastico, a un’operazione nella quale i conti tornano o a una regola grammaticale di non immediata applicazione. David Levin mise insieme quella che a tutt’oggi viene considerata la classe più famosa della storia dell’istruzione statunitense. Reclutò trentotto bambini di quarta elementare provenienti da famiglie a basso reddito, tutte appartenenti a una minoranza (neri e ispanici), e adottando metodologie didattiche innovative li condusse al diploma con ottimi risultati. Per la prima volta una classe di una scuola pubblica di un quartiere povero si piazzò al quinto posto in tutta New York, e il 90% di loro si iscrisse all’Università. Ma, con grande delusione di Levin, in seguito solo il 21% degli studenti conseguì una laurea.