Le ultime novità sugli usi civici: normativa e PNRR
Maurizio Lucca
Gli usi civici, in una nozione estesa, consistono in diritti collettivi (un diritto di promiscuo godimento delle terre spettanti agli abitanti di un comune, o di una frazione di comune, quale prima dimensione dell’ordinamento politico/statuale risalente alla fine del Duecento e ai primi del Trecento) su determinati beni, con un vincolo di destinazione sottoposto ad un regime pubblicistico (sistema fondiario) per soddisfare
delle esigenze generali, risalenti in epoca antica (immemorabile), e nell’immanenza del principio dell’imprescrittibilità ed inalienabilità degli usi.
Tale genere di diritti (un diritto frazionato che definisce la qualitas di civico demanio del suolo) appartiene ad un determinato gruppo di cittadini (singoli e/o famiglie), con una loro soggettività non individuale (storicamente) assegnata ad una popolazione insediata in un territorio (elemento caratterizzante di un ordinamento, con la sovranità e il suo popolo): un rapporto diretto (o legame) della proprietà con la civitas il cui diritto d’uso (un diritto reale relativo a beni immobili) non può estendersi oltre il dominio (provenienza) dei suoi membri: un diritto d’uso spettante alla collettività ed ai singoli che la compongono, e consistenti (nella sua origine) nel trarre talune utilità dalle terre, dai boschi o dalle acque.
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L’evoluzione della disciplina, con il quadro normativo uscito dopo la novella del d.l. n. 77/2021, mira a migliorare e definire l’utilizzo dei beni nelle due categorie di inquadramento, e allo stesso tempo stabilizzare l’uso civico in re aliena mediante strumenti in grado di trasferire direttamente al privato tutte quelle situazioni di diritto singolare esercitate da lunghissimo tempo senza opposizione della comunità di riferimento (che di riflesso ne certifica, nel concreto, la perdita di uno scopo di sostentamento, salvo una diversa destinazione con finalità di tutela ambientale del bene).
Invero, quando il bene ha perso la sua funzionalizzazione collettiva, ovvero il mancato esercizio dell’uso o godimento pieno del bene da parte della comunità di riferimento, si può giustificare una destinazione più aderente con il territorio, ossia con l’utilizzo reale da parte di un singolo rispetto ad una posizione nella quale il bene ha abbandonato (è stata persa) l’utilità collettiva.