Orientamenti pratici su criteri compensativi e perequativi
Maurizio Lucca
Questo contributo prenderà in esame, con riflessi pratici, gli orientamenti attuali circa i criteri compensativi e perequativi, anche in relazione a standard pubblici, piano delle alienazioni, scomputo oneri, obbligo a provvedere, ecc.
Nella trasformazione urbana, nella destinazione delle zone omogenee, il privato attuatore opera per la realizzazione di un intervento attraverso uno strumento urbanistico (piano), definendo l’assetto del territorio e realizzando standard pubblici (servizi/attrezzature/ dotazioni) in grado di sostenere la modificazione territoriale, potendo assumere – a proprio carico – la realizzazione di ulteriori opere di interesse pubblico a fronte di una serie di meccanismi di perequazione, compensazione e incentivazione, realizzando un’equa distribuzione dei vantaggi e dei costi prodotti dalla pianificazione.
L’istituto della perequazione ha come fondamento l’equità a favore dei privati nella concessione dei titoli edilizi per un corretto governo del territorio, con la conseguenza che, per sua peculiare funzione, deve essere disciplinato dal PRG (o altro strumento di pianificazione generale PAT) attraverso il procedimento e le garanzie partecipative propri dello strumento generale, includendo un convenzionamento (o accordo sul modello dell’art. 11 della legge n. 241/1990) tra la parte pubblica e il privato attuatore sulla quantificazione del plusvalore.
L’amministrazione nella pianificazione dovrà valutare gli strumenti perequativi, soppesando congruamente l’eventuale diminuzione dell’indice edificatorio di un’area rispetto ad un’altra nella quale viene traslata una nuova potenzialità.
Di converso, il privato vanta un’aspettativa di mero fatto, non giuridicamente tutelabile né azionabile in sede giurisdizionale, nei confronti dell’aspirazione al riconoscimento (o al mantenimento) di una potenzialità edificatoria dei propri fondi compromessa, salvo che ricorra una delle seguenti ipotesi:
• intervenuta stipulazione, tra le parti, di convenzioni di lottizzazione o di accordi di diritto privato;
• aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio-rifiuto su una domanda di concessione;
• annullamento d’ufficio di titoli edilizi per l’innanzi adottati;
• modificazione in zona agricola della destinazione di un’area specifica, limitata o interclusa da fondi edificati.
Si dimostra, nei termini descritti, la concreta essenzialità dell’equilibrio tra la contribuzione dell’investimento del promotore privato e il nuovo assetto del territorio, tra il valore iniziale dei beni e la loro nuova valorizzazione insediativa: un utile compendio tra l’utilità generata e i benefici prodotti nel territorio, individuati nella realizzazione di standard pubblici aggiuntivi: opere pubbliche o di interesse generale.
Nel concreto, possiamo essere in presenza di aree di trasformazione, identificanti situazioni di degrado per la presenza di edifici dismessi e per le quali il regolamento urbanistico può prevedere il trasferimento mediante la tecnica perequativa del comparto edificatorio, concedendo benefici attraverso la demolizione dei manufatti dismessi e l’eventuale bonifica del sito, scomputando gli oneri di trasformazione secondaria, trasferendo il volume in aree c.d. di atterraggio, ovvero già urbanizzate, previa approvazione di un piano attuativo e la cessione gratuita di terreni all’amministrazione
ai fini della realizzazione di un’opera pubblica (ad es. parcheggio, nell’ipotesi in cui si realizzi l’intervento di trasformazione).
L’intervento potrebbe prevedere, a titolo incentivante, un incremento della superficie edificabile in misura percentuale ove la superficie da trasferire abbia destinazione diversa da quella di partenza, o in percentuale di aumento in caso di mantenimento della stessa destinazione; in mancanza di trasformazione l’area sarebbe soggetta soltanto ad interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria senza cambio di destinazione d’uso.