Il paesaggio nell’evoluzione del diritto urbanistico
Duccio M. Traina
Non vi è autore che, nel dedicarsi allo studio della disciplina giuridica del paesaggio, non metta in evidenza l’attitudine del termine ad esprimere una pluralità di significati. Non solo perché è semiologicamente ambiguo, potendo designare sia la “natura fisica dei luoghi” che la sua “proiezione in immagine” (e tra questi due poli – paesaggio come entità geografica e conformazione fisica o come oggetto di percezione e di rappresentazione – si colloca l’intera riflessione giuridica sul tema), ma
anche perché la nozione è inevitabilmente destinata a cambiare a seconda del campo di studi prescelto.
L’estetica, la geografia, l’ecologia, l’urbanistica, la semiologia offrono – anche al loro interno – definizioni diverse e di tutte tali epistemologie è tributaria la scienza giuridica, che, a sua volta, per forza di cose, deve elaborare una nozione dotata di autonoma rilevanza sulla base dei dati normativi.
Polisemia e complessità epistemologica contribuiscono a privare di univocità la nozione di paesaggio e ad alimentare un dibattito che si è andato a intensificare soprattutto dopo che la dottrina ha valorizzato la portata precettiva e innovativa di quell’art. 9 della Costituzione (all’inizio di gran lunga sottovalutato, se non proprio dileggiato) che pone tra i principi fondamentali del nostro ordinamento, appunto, la tutela del paesaggio.
Fra i protagonisti di questo dibattito un ruolo di assoluto primo piano è ricoperto da Predieri, il cui pensiero rappresenta una sorta di “spartiacque” nel senso che nella dottrina e nella giurisprudenza esiste un “prima” e un “dopo” Predieri e qualunque costruzione scientifica e normativa successiva ai suoi due lavori fondamentali in materia non può che muovere e confrontarsi con essi, quali che siano le tesi sostenute.
Il “prima Predieri” – è cosa arcinota – è rappresentato da una lettura tradizionale e alquanto riduttiva dalla nozione costituzionale di paesaggio.
Nell’art. 9 si vede la “sublimazione” delle leggi Bottai del ‘39 e la nozione di paesaggio viene ricondotta nel calco delle bellezze naturali. Ne formano oggetto ambiti territoriali limitati, se non addirittura beni a carattere singolare, riconosciuti di “notevole
interesse pubblico” per i caratteri di particolare valore estetico attribuiti dalla natura o dall’opera dell’uomo, e pertanto sottoposti ad una disciplina speciale con finalità di protezione e di conservazione .