Perché agli studenti non piace la scuola
Beatrice Aimi
La scuola uccide la creatività?
Il titolo dell’articolo porta con sé un assunto di veridicità: agli studenti non piace la scuola! Chiunque abbia un figlio in età preadolescenziale o oltre, quasi sicuramente si può trovare d’accordo con questa affermazione. Alunni demotivati, annoiati, stanchi, disinteressati… Eppure, nonostante pensare costi fatica, l’uomo è – per sua natura – molto curioso. Uno dei principi che Daniel Willingham – famoso neuroscienziato dell’apprendimento – associa all’apprendimento è relativo alla grande curiosità della mente umana, proprietà che la caratterizza e diversifica da quella degli animali.
Da parte sua Ken Robinson – saggista di fama mondiale e consulente internazionale in educazione – nel suo libro Fuori di testa. Perché la scuola uccide
la creatività, sostiene che la scuola non piace più a nessuno perché uccide la creatività, mortifica i talenti e ‘inscatola’ le menti. L’autore sostiene invece che la scuola deve capire, supportare e promuovere gli interessi degli studenti.
Le evidenze neuroscientifiche ci confermano ormai da tempo – con suffragate evidenze – che nessun apprendimento è in grado di avvenire se non è innescato da un’attribuzione di senso. Il meccanismo di funzionamento dei processi di apprendimento parte proprio da questa considerazione.
L’informazione che viene recepita attraverso i sensi (principalmente uditivo e visivo) giunge alla memoria di lavoro che ha sede in una specifica area del cervello: l’ippocampo. Da qui, ha due possibilità direzionali: a) viene inviata alla memoria a lungo termine, dove rimane e può andare a costituire apprendimento (più o meno duraturo e significativo, a seconda del rinforzo che viene fatto dello stesso), oppure b) scivola via, nel dimenticatoio. Che cosa decide se un’informazione debba essere trasmessa o meno alla memoria a lungo termine? L’interesse per la stessa!