Piano regolatore generale: morte annunciata e prove di reincarnazione
Antonio Bartolini
Due recenti lavori – di Paolo Stella Richter (La fine del piano e del suo mito, in questa Rivista, 2017, 432 ss.) e di Paolo Urbani (L’urbanistica oltre il culto dei piani, in Riv. giur. ed., 2017, II, 367 ss.) – pongono all’attenzione della nostra comunità scientifica il tema della “morte del piano”. L’alfa e l’omega degli istituti giuridici è – in verità – una questione ricorrente nella letteratura scientifica: basta ricordare The Death of Contract di Grant Gilmore (1974). Invero, di fronte a certi morti presunte si sono anche levate della accorate difese: basti ricordare lo scritto di Ugo Natoli, In difesa del negozio giuridico.
Questo scritto non vuol certo essere una orazione a difesa del piano regolatore generale, ma ha il più limitato intento di vedere se effettivamente sia arrivato il momento di cantarne la fine o se, all’opposto, invece, vi siano evidenze di una sua reincarnazione.
L’assenza di una rinnovata legge nazionale urbanistica, la crisi del piano regolatore generale (prg) di fronte alle pianificazioni differenziate, lo sdoppiamento del prg in una parte strutturale ed in una operativa da parte delle legislazioni regionali, la forza “onnivora” del principio di concorrenza, le nuove funzioni assunte dalla pianificazione comunale in tema di contenimento del consumo di suolo e di rigenerazione urbana, come anche la nuova funzione dell’urbanistica così come delineata in giurisprudenza con il caso Cortina d’Ampezzo, sono tutti elementi che mettono sicuramente in crisi l’idea tradizionale di piano regolatore (per la cui trattazione tradizionale si rimanda al bel volume di Eugenio Picozza, Il piano regolatore generale urbanistico, Padova, 1987).
Il definitivo colpo di maglio sembra, da un lato, averlo dato la recente legge urbanistica dell’Emilia-Romagna dove il piano recede a favore all’accordo. E, dall’altro, ma, soprattutto, la crisi economica ed i pesi della complicazione amministrativa, che hanno di fatto bloccato negli ultimi anni non solo l’edilizia, ma anche la necessità, per i Comuni, di dotarsi di nuovi piani regolatori: impressionanti sono i dati del Rapporto del Territorio del 2019 curato dall’Istituto nazionale urbanistica (Inu) da cui emerge che nell’ultimo quinquennio la percentuale di nuovi piani o varianti si è dimezzata rispetto al quinquennio precedente.
Sicchè si è autorevolmente e lapidariamente affermato che “del fallimento del piano regolatore come istituto non è più possibile discutere”. Si è, pure, parlato di “tramonto della multifunzionalità necessaria del piano”.