Il Pilastro sociale europeo. Per ritrovare la fiducia nell’Europa
Giuseppe Guerini
Con le elezioni dello scorso 26 maggio, che hanno completamente rinnovato la composizione del Parlamento europeo, si apre la fase di delicate e difficili trattative tra forze politiche parlamentari, ma soprattutto tra i Governi degli Stati membri dell’Unione per la composizione della nuova governance delle istituzioni europee. Dopo l’insediamento del nuovo Parlamento prende forma la nuova Commissione europea che si insedierà formalmente nel prossimo autunno, con un processo nel quale più che gli equilibri di forze all’interno del Parlamento sono le negoziazioni tra i Governi degli Stati membri a dare forma al nuovo assetto dell’Unione europea.
Si attende un cambiamento importante che coinciderà con le fasi più delicate dell’impostazione della programmazione pluriennale, su cui si struttura l’architrave delle politiche, ovvero il Quadro Finanziario Pluriennale per il 2021-2027 da cui discendono le politiche economiche e soprattutto gli interventi di finanziamento dei fondi strutturali: dal Fondo Sociale Europeo (FSE), al Fondo per la Coesione Territoriale, dalla Politica Agricola Comune al Fondo Strategico per gli investimenti, che assumerà il nome InvestEU, oltre naturalmente ai grandi programmi di ricerca e innovazione come Orizont2020 che diventerà OrizontEU nella prossima edizione [N.d.R.: il tema è approfondito nel successivo articolo di Daniele Ferrocino]. L’architettura del bilancio pluriennale è ormai impostata, ma saranno la nuova Commissione e il nuovo Parlamento che, congiuntamente al Consiglio europeo dovranno approvare la composizione definitiva e poi passare all’attuazione.
Nuova Commissione europea e nuovo Parlamento dovranno quindi immediatamente mettersi al lavoro per impostare un’attività molto complicata e che in parte troverà già alcune importanti piste di lavoro su cui intervenire. Per questo è importante che tutti conoscano un po’ meglio quali sono le poste in gioco in questa delicata fase.
In questo quadro, uno degli aspetti più importanti per chi si occupa di welfare e di lavoro, riguarda il Pilastro europeo dei diritti sociali. Il documento, adottato dalla Commissione uscente e dal Vertice europeo di Göteborg nel dicembre 2017, è un importante programma che si propone di “… definire una serie di principi essenziali per il buon funzionamento e l’equità dei mercati del
lavoro e dei sistemi di protezione sociale”. Si tratta di un provvedimento importante e necessario, tanto condivisibile quanto, a mio giudizio, tardivo, attraverso il quale la Commissione europea individua delle proposte per cercare di recuperare quella fiducia dei cittadini nell’Unione europea così sensibilmente diminuita in molti degli Stati membri.
Il Pilastro rappresenta un testo dal rilevante significato politico, poiché era dai tempi di Jaques Delors, quindi dalla prima metà degli anni ’90, che le istituzioni dell’Unione europea non trattavano più in modo organico estrutturale le tematiche sociali, con l’ambizione di porle al centro di una strategia politica di ampio respiro.
Certo, ci sono stati gli obiettivi della strategia di Lisbona, certamente importanti, ma che non si sono tradotti in un progetto di politiche complessive dell’Unione,
ma in una serie di richieste di impegno rivolte agli stati membri per far convergere il livello di qualità di servizi e tutele dei cittadini europei.