Possibilità e limiti nell’uso delle dichiarazioni sostitutive previste dal d.P.R. 28.12.2000 da parte dei cittadini stranieri e comunitari
Gilberto Guerriero
Le dichiarazioni sostitutive di certificazione e di atto di notorietà sono divenute, nel corso degli ultimi sedici anni, uno dei principali strumenti utilizzati nel rapporto tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione. L’introduzione dei due istituti definiti all’art. 1, rispettivamente alle lettere g) ed h), del d.P.R. 445/2000 e regolamentati dagli artt. 46 e 47 dello stesso decreto, ha radicalmente cambiato il rapporto tra l’utente dei servizi della pubblica amministrazione, sia esso cittadino o impresa, e la p.a. stessa.
Lo strumento della dichiarazione sostitutiva, nella versione individuata dal d.P.R. 445/2000 ha trasformato, semplificandolo, il rigido meccanismo precedente di subordinazione del cittadino allo Stato, che obbligava ogni volta l’interessato a fornire copia della documentazione necessaria per ottenere le prestazioni richieste o a sostituirla con dichiarazioni autenticate da un pubblico ufficiale, senza obblighi diretti per la p.a., in un meccanismo basato sulla fiducia tra Stato e cittadini, sulla base del quale è possibile sostituire gran parte della documentazione e delle informazioni occorrenti per le più frequenti pratiche amministrative con semplici dichiarazioni sostitutive con sottoscrizione non autenticata delle quali ci si assume la responsabilità anche penale (artt. 75 e 76) e sulle quali la p.a. esercita un potere/dovere di controllo di veridicità (artt. 71 e ss.).
Si tratta di un meccanismo più maturo, orientato verso i principi che sono alla base del diritto anglosassone, nel quale il cittadino gode della fiducia dello Stato in cui vive e la ricambia dichiarando in modo semplice e rapido, quanto occorre per ottenere le prestazioni di cui ha bisogno, con una ragionevole aspettativa di certezza della sanzione quando dovesse violare il rapporto fiduciario con false dichiarazioni.
Per un ordinamento giuridico come quello italiano, fondato sul diritto romano e sulle prove documentali c’è voluto coraggio, tempo e fatica per imparare a fidarsi dei propri cittadini ed a considerare un proprio dovere acquisire d’ufficio la documentazione necessaria ai procedimenti amministrativi e verificare la veridicità delle dichiarazioni sostitutive.
Abbandonare il timbro, l’autentica, il certificato, tutti strumenti di certezza, è stato difficile ed il percorso, nonostante tutto, non è ancora terminato. Manca infatti la consapevolezza che un tale sistema funziona soltanto in presenza di un adeguato ed efficiente sistema di controlli sulla veridicità delle dichiarazioni e di un’alta probabilità di sanzione per le false dichiarazioni.
La novità per l’ordinamento nazionale non era costituita dalla dichiarazione sostitutiva, introdotta nel nostro ordinamento già con la legge 4 gennaio 1968, n. 15, poi semplificata dalla legge 15 maggio 1997 (Bassanini bis), che prevedeva agli artt. 2, 3 e 4 rispettivamente le dichiarazioni sostitutive di certificazione, le dichiarazioni temporaneamente sostitutive di certificazione e le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà.
Il grande passo in avanti è stato l’averne semplificato al massimo l’utilizzo, rendendolo progressivamente lo strumento principale ed obbligatorio per la fornitura di dati e informazioni alla p.a., costringendo quest’ultima ad accettarne, a promuoverne e facilitarne l’uso nei propri confronti, sino a giungere al divieto generalizzato di chiedere e di rilasciare i certificati più comuni ai cittadini. Dichiarazioni sostitutive di certificazione e di atto di notorietà, come è noto, non sono la stessa cosa, ma rappresentano l’applicazione dello stesso principio a due gruppi di informazioni differenti:
1) quelle ex art. 46 che risultano da un lungo elenco di certificati sostituibili, non estensibile se non dal legislatore, rilasciabili dalla p.a. italiana;
2) quelle di cui all’art. 47, a diretta conoscenza dell’interessato, che riguardano fatti, stati e qualità personali, in sostanza tutto quanto non vietato e non compreso nell’elenco dell’art. 46.