Realizzazione di nuovo soppalco e sanatoria di quelli esistenti
Andrea Ferruti
Si fa presto a dire soppalco. L’incipit di questo contributo non vuole essere irriguardoso ove
si rivolga l’attenzione alla normativa succedutasi in materia urbanistico-edilizia e, soprattutto,
alle difficoltà di ricondurre ad una definizione univoca il termine soppalco.
In primo luogo, i più autorevoli dizionari online riportano la seguente definizione di soppalco: “piano di servizio ricavato dalla suddivisione totale o parziale di ambienti in genere di notevole altezza, mediante strutture orizzontali intermedie (spesso di legno)”; mentre, da un punto di vista architettonico, si fa riferimento allo: “spazio compreso fra il solaio di copertura dell’ultimo piano e il tetto di un edificio”, definito in altri termini come: “abbaino, palchettone, soffitta, sottotetto”.
Appare subito evidente come tali definizioni non contribuiscano, più di tanto, a stabilire se e in che misura la realizzazione di un nuovo soppalco debba essere soggetta ad un particolare regime autorizzatorio o, per altri versi, come possa procedersi alla regolarizzazione di un soppalco esistente, realizzato senza titolo abilitativo.
In secondo luogo, assume rilievo in tale ambito l’attuale nozione di manutenzione straordinaria di cui all’art. 3, comma 1, lettera b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (c.d. Testo Unico Edilizia), che è stata notevolmente ampliata, fino a ricomprendervi anche le modifiche delle superfici delle singole unità immobiliari purché non venga alterata la volumetria complessiva dell’edificio e si mantenga la destinazione d’uso originaria (Da ultimo, con l’art. 10, comma 1, lettera b), decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale” (meglio noto come “Decreto Semplificazioni”), l’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria è stato nuovamente dilatato, con la sola esclusione dei mutamenti d’uso che risulti urbanisticamente rilevanti, secondo la definizione dall’articolo 23-ter, Testo Unico Edilizia e sempre che il passaggio ad una diversa categoria funzionale comporti un aumento del carico urbanistico).
Da qui la necessità, correttamente evidenziata dagli studiosi, di distinguere tra la realizzazione di soppalchi che riguardino o meno parti strutturali dell’edificio e la realizzazione di soppalchi che comportino modifiche di destinazioni d’uso funzionali.
In terzo luogo, la materia sembra complicarsi laddove si rivolga il pensiero alla definizione contenuta nel regolamento edilizio tipo, approvato a livello nazionale con intesa della Conferenza unificata 20 ottobre 2016.
Infatti, nell’allegato A) del predetto documento, che contiene l’insieme delle 42 definizioni edilizie-urbanistiche uniformi rappresentanti il glossario comune valevole su tutto il territorio nazionale, si legge quanto segue al n. 24 alla voce “soppalco”: “partizione orizzontale interna praticabile, ottenuta con la parziale interposizione di una struttura portante orizzontale in uno spazio chiuso”.
Anche questa definizione, analogamente a quanto sin qui osservato, lascia spazio ad ampi margini di opinabilità laddove emergono difficoltà nella identificazione di cosa debba intendersi per “parzialità” e “caratteristiche portanti” proprie di un soppalco.