Reddito di cittadinanza, opportunità e criticità. Una storia importante del nostro Welfare
Gianfranco Marocchi
Prima di ogni valutazione di merito sul Reddito di cittadinanza (Rdc), è bene essere consapevoli che quanto avvenuto in questi anni in tema di contrasto alla povertà rappresenta un evento straordinario nel nostro Welfare. In pochi anni la povertà si è trasformata da ambito per decenni trascurato dal nostro welfare – o meglio: affrontato in modo indiretto, con dispositivi tesi ad intercettarne alcune sue potenziali cause come il venir meno di reddito o la fuoriuscita dall’età lavorativa – a luogo di investimento di ingenti risorse pubbliche, al centro del dibattito politico non solo di settore.
E questo, va tenuto presente, in una situazione politica caratterizzata da uno spirito fortemente contrappositivo e da un clima di permanente campagna elettorale, in cui differenze e distinzioni vengono enfatizzate oltre ogni ragionevolezza dalle diverse forze politiche per rivendicare la propria singolarità. Così, tanto l’attuale Governo che l’opposizione si premurano di marcare – anche artificialmente – le differenze tra il Reddito di cittadinanza e il REI (con enfasi ovviamente di segno opposto) anche in presenza di aspetti di continuità superiori a quanto si affermi e si percepisca.
Guardando il tutto con occhi più distanti, quello che uno studente di servizio sociale – o, anche, crediamo, di storia contemporanea – apprenderà dai libri tra trenta o quarant’anni non saranno le specificità di ciascuna delle misure approvate negli ultimi tre o quattro anni, ma il fatto che in un’epoca complessa come quella attuale – con un clima politico conflittuale, maggioranze di Governo mutevoli e instabili e carenza di risorse economiche – sia stato possibile portare a termine un’altra grande (e costosa) riforma del nostro welfare, di portata pari, per fare alcuni esempi, all’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale o alla chiusura degli ospedali psichiatrici, per citare due temi oggetto di celebrazione (anche su Welfare Oggi) per il loro quarantennale appena concluso.
Ciò non significa che il Rdc oggi – come il REI un anno fa – sia privo di errori o non necessiti di revisioni e correzioni, che anzi saranno destinate ad accompagnare necessariamente il processo di riforma, sia, auspicabilmente in tempi brevi, per intervenire su aspetti scritti in modo approssimativo o frettoloso, sia, successivamente e nel corso del tempo, per evitare che una riforma innovativa perda via via il passo con i tempi.
Non significa nemmeno che il percorso attuale e futuro degli strumenti di lotta alla povertà sarà esente da critiche anche dure, involuzioni e manifestazioni di insoddisfazione: quante volte, in altre grandi riforme, si è sentito parlare di “riforma tradita” o si sono dovute gestire tendenze reazionarie che a fronte di problemi oggettivi hanno provato a riproporre il sempre verde “si stava meglio quando si stava peggio”? Ma, di solito, questi processi (fortunatamente) non scalfiscono il cuore della riforma, che resta come patrimonio indiscusso: nel nostro caso, la consapevolezza che, insieme ad altre questioni sociali, il welfare deve occuparsi di povertà.