Regolamento edilizio tipo: mancato recepimento da parte del Comune
Mario Petrulli
Come è noto, attraverso l’Intesa del 20 ottobre 2016 tra Governo, regioni e comuni, è stato introdotto nel nostro ordinamento il regolamento edilizio tipo. L’art. 2 di detto accordo prevedeva che, entro 180 giorni, le regioni ordinarie avrebbero provveduto al recepimento dello schema di regolamento edilizio tipo e delle definizioni uniformi, dettando al contempo i metodi, le procedure e i tempi, comunque non superiori a centottanta giorni, da seguire per l’adeguamento comunale, ivi comprese specifiche norme transitorie volte a limitare i possibili effetti dell’adeguamento sui procedimenti in itinere (permessi di costruire, SCIA, sanatorie, piani attuativi, progetti unitari convenzionati).
Notevole interesse pratico riguarda l’ipotesi in cui il comune non provveda al suddetto recepimento: ebbene, soccorre in tal caso l’art. 3 dell’Intesa, secondo cui “Decorso il termine di cui al primo periodo entro il quale i comuni sono tenuti ad adeguare i propri regolamenti edilizi, le definizioni uniformi e le disposizioni sovraordinate in materia edilizia trovano diretta applicazione, prevalendo sulle disposizioni comunali con esse incompatibili”.
Un caso concreto si è avuto nella recente sentenza 20 gennaio 2020, n. 58, del T.A.R. Puglia, Bari, sez. III e merita di essere segnalato, anche allo scopo di meglio circoscrivere l’operatività della predetta disposizione. In estrema sintesi, un ufficio tecnico comunale aveva annullato in autotutela una SCIA sostitutiva del permesso di costruire perché l’interessato aveva calcolato la volumetria assentibile sulla base della definizione fornita dall’atto regionale di recepimento del regolamento edilizio tipo, che esclude dal conteggio del volume edificabile le superfici accessorie, le quali, però, venivano incluse secondo il regolamento edilizio comunale, mai adeguato rispetto alle indicazioni fornite dalla regione.
Ne era seguito l’inevitabile contenzioso dinanzi al giudice amministrativo, deciso con la sentenza prima citata, la quale ha affermato l’illegittimità della decisione dell’ufficio tecnico comunale.
È interessante evidenziare la motivazione fornita dai giudici.
Nel provvedimento di recepimento del regolamento edilizio tipo la regione aveva previsto che i comuni, all’atto del recepimento, avrebbero potuto individuare le superfici suscettibili di esclusione dal calcolo della volumetria assentibile i fini edificatori. Ed infatti, i giudici evidenziano che “i comuni, in sede di recepimento del RET, hanno il potere di individuare le superfici suscettibili di esclusione o meno dal calcolo della volumetria a fini edificabili; ciò significa soltanto che, quando il comune di […] riterrà di adottare apposito atto di recepimento del RET potrà esercitare i poteri riservati ad esso dalla disciplina regionale”.
L’ovvia conseguenza del ragionamento suddetto è che, in assenza di recepimento comunale, rimane applicabile la previsione di cui al citato art. 3 dell’Intesa, ossia che le disposizioni regionali dovevano considerarsi prevalenti su quelle comunali incompatibili, sia avendo riguardo alle definizioni uniformi, sia per quanto concerne le altre disposizioni sovraordinate in materia edilizia.