I reliquati nell’espropriazione per pubblica utilità
Antonino Cimellaro
Anche nel nuovo T.U. espropri di cui al d.P.R. 327/2001 e s.m.i., viene disciplinato il caso in cui, nel corso di un procedimento di espropriazione per pubblica utlità, si rilevi l’esistenza di frazioni residue dei beni da espropriare (c.d. “beni relitti” o, come usa più comunemente e d’ora in avanti, “reliquati”), non comprese (inizialmente) nel piano d’esproprio (particellare) del progetto dell’opera o dell’intervento per cui si agisce.
Ricorre tale fattispecie normativa qualora il proprietario richieda (“… può chiedere” dice il testo di legge) l’acquisizione di tali frazioni qualora “ne risulti per lui una disagevole utilizzazione oppure siano necessari considerevoli lavori per disporne un’agevole utilizzazione” (cfr. art. 16, comma 11 d.P.R. n. 327/2001).
L’istituto riprende, con talune differenze non solo terminologiche, quello del precedente art. 23 della c.d. “legge fondamentale” sull’espropriazione per pubblica utilità di cui alla legge 2359/1865 (così diceva il vecchio testo: “… debbono comprendersi fra i beni da acquistarsi … le frazioni residue … da non poter avere … una utile destinazione o siano necessari lavori considerevoli per conservarle o usarne in modo profittevole”).
Oggi, come si evince dal nuovo riferimento normativo, il ricorrere di un reliquato viene sollevato dall’interessato in occasione delle osservazioni che lo stesso è invitato a presentare a seguito dell’avviso di avvio del procedimento di espropriazione per pubblica utilità che deve sfociare nella dichiarazione di p.u. (è significativo il richiamo, nel comma 11 dell’art. 16 sopra citato, dell’art. 12 del T.U. che disciplina i modi attraverso cui si perviene alla dichiarazione in parola).
In assenza di più specifiche indicazioni in sede di redazione del testo di legge (il parere dell’adunanza generale del Consiglio di Stato n. 4/2001 sul nuovo testo unico, al riguardo, nulla dice di specifico), tocca all’interprete e all’operatore ricostruire gli aspetti procedurali e quelli sostanziali, anche sulla base dell’elaborazione intervenuta a far data dal citato art. 23 della legge 2359/1865, precedente referente normativo in materia.
La natura della posizione giuridica del proprietario
Si può anticipare che, alla richiesta del privato di comprendere nell’esproprio anche le frazioni residue per cui è questione, non sembra corrispondere un obbligo di acquisizione da parte dell’autorità espropriante, come pure sembrava, almeno in linea astratta, dovesse trarsi dal precedente testo (che, si rammenta, diceva “… debbono acquistarsi …”).