Responsabilità dell’amministrazione per danno da ritardo nel provvedere
Enrico Amanate
Con la pronuncia del Consiglio di Stato n. 7/2021, l’Adunanza plenaria offre una ricostruzione della responsabilità dell’amministrazione per
i danni subiti da privati in conseguenza dell’illegittimo agere dei pubblici uffici in termini di illecito extracontrattuale, anche laddove non sussistano (o non appaiano sussistere) dubbi sull’esistenza di un preciso obbligo dell’amministrazione di adempiere, provvedendo nei termini prescritti sulla domanda del privato.
Si tratta di ricostruzione sorprendentemente datata, che si pone in aperto contrasto con il reale assetto dei rapporti tra amministrazione e istante, quali delineati anche dai più recenti interventi normativi (art. 1, comma 2-bis della legge n. 241 del 1990, introdotto dal d.l. n. 76 del 2020); inoltre, per tale via il Consiglio di Stato aggrava incomprensibilmente lo iato tra l’interpretazione della Corte di Cassazione e gli orientamenti del giudice amministrativo in tema di responsabilità della P.A., creando due distinti regimi per i medesimi istituti, a seconda del plesso giurisdizionale chiamato ad applicarli.
La fattispecie concreta oggetto del giudizio costituisce paradigmatica esperienza di cattiva amministrazione, tanto comune da apparire banale.
Una società a responsabilità limitata, motivata all’investimento dagli incentivi all’epoca riconosciuti dallo Stato alle fonti di produzione di energia rinnovabile, ha richiesto nel lontano 2009 alla Regione Sicilia l’assenso all’installazione di quattro impianti per pannelli solari su di alcuni terreni nel Comune di Siracusa, oggetto di contestuale promessa di acquisto da parte dello stesso privato.
Nonostante la disciplina di settore prevedesse (e tutt’ora preveda) termini procedimentali perentori di novanta giorni per la conclusione del procedimento, la Regione ha protratto ingiustificatamente l’istruttoria ogni oltre ragionevole arco temporale: per l’ottenimento del titolo l’istante è stato difatti costretto a proporre quattro ricorsi al TAR Palermo avverso il silenzio dell’amministrazione, tutti accolti (con sentenze nn. 1705, 1706, 1707 e 1708 del 2011, confermate in appello con pronunce nn. 663, 664, 665 e 666 del 2012 del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Sicilia), quindi altrettanti ricorsi per ottemperanza, parimenti giudicati fondati (con sent. nn. 822, 823, 824 e 825 del 2012 del TAR Palermo): solo nel 2013, a distanza di quattro anni dalle domande e dopo dodici pronunce sfavorevoli, la Regione Sicilia ha offerto il proprio assenso all’installazione.