Riflessioni sui contratti di rete
Sara Palmosi
L’istituto del contratto di rete, è stato introdotto con il d.l. n. 5 del 10 febbraio 2009 facciamo di seguito un breve excursus sulla sua genesi per comprenderne natura e obbiettivi.
La fattispecie del “contratto di rete” viene introdotta dall’art. 3, comma 4-ter, d.l. n. 5 del 10.2.2009 convertito dalla l. n. 33 del 9.4.2009, con questa definizione: “Con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”.
La legge n. 180 dell’11 novembre 2011, (“Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese”) ha previsto, all’art. 13, comma 2, lett. b), che, nel rispetto della normativa dell’Unione europea in materia di appalti pubblici ed al fine di favorire l’accesso delle micro, piccole e medie imprese, la pubblica amministrazione e le autorità competenti provvedano a “semplificare l’accesso agli appalti delle aggregazioni fra micro, piccole e medie imprese privilegiando associazioni temporanee di imprese, forme consortili e reti di impresa, nell’ambito della disciplina che regola la materia dei contratti pubblici”.
Nel luglio del 2012 L’Autorità ha pertanto predisposto un documento di consultazione, che, premesso un breve inquadramento normativo, riassume le principali problematiche connesse alla partecipazione delle reti a procedure di gara, focalizzando sia la partecipazione in sé sia la conseguente esecuzione del contratto in caso di aggiudicazione, e chiedendo agli operatori di esprimersi su tematiche puntuali all’interno del documento.
A valle della consultazione, nel settembre 2012, l’Autorità ha chiesto al governo e al parlamento di intervenire normativamente sui temi emersi nell’ambito della medesima, con l’Atto segnalazione n. 2 del 27 settembre 2012. Il contenuto del suddetto atto manifesta sostanzialmente la posizione dell’AVCP sul tema in oggetto, in quanto riporta le riflessioni di alcuni operatori facendole proprie.
Nell’atto di segnalazione vengono sottolineati una serie di aspetti. In particolare emerge che la differenza principale tra il contratto di rete e il RTI, condividendo peraltro la posizione già chiaramente assunta dalla Commissione Europea nel 2011 è che, pur mantenendo ogni impresa la propria soggettività in entrambe le fattispecie, la rete a differenza del Raggruppamento instaura un rapporto duraturo e continuativo non limitato ad una specifica gara ma finalizzato al perseguimento di un programma di sviluppo di ampia portata. Si evidenzia altresì che, affinché la rete sia legittimata a partecipare alle gare d’appalto deve esistere una specifica clausola avente ad oggetto la partecipazione alle gare, obbiettivo che deve essere almeno uno degli scopi strategici del programma comune redatto alla base del contratto di rete che ne costituisce il pilastro. Tuttavia, uno studio promosso dalla Conferenza delle Regioni e Province Autonome, sottolinea che la spinta alla sottoscrizione del contratto di rete deve essere l’effettiva intenzione di collaborare e mettere a fattor comune mezzi, know how, ecc. e non solo quella di partecipare a gare pubbliche perchè altrimenti ne verrebbe snaturata la finalità intrinseca di strumento di collaborazione tra imprese a lungo termine. Inoltre l’Autorità, aderendo alla posizione espressa dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in fase consultiva nell’analisi delle problematiche inerenti all’esecuzione del contratto, evidenzia la necessità primaria di impedire che le imprese non partecipanti alla gara o non risultate aggiudicatarie nella gara stessa possano, solo perché partecipanti allo stesso contratto di rete, comunque partecipare all’esecuzione del contratto accordandosi successivamente con le imprese vincitrici e dando luogo quindi ad un’intesa assai più ampia di quella iniziale e tale, per la sua consistenza finale, da comportare una spartizione del mercato. Nell’aderire con forza alla posizione dell’AGCM è evidente che l’AVCP rifiuta in nuce le proposte contrarie pervenute in fase consultiva che volevano la legittimazione dell’utilizzo del contratto di rete anche solo come strumento autonomo e ulteriore di gestione della fase esecutiva indipendentemente dalla forma di partecipazione alla gara.
La risposta del legislatore all’Atto di segnalazione sopra detto è stato il d.l. n. 179/2012 convertito in l. n. 221/2012 che è intervenuto sull’art. 34 e sull’art. 37 del d.lgs. 163/2006, rendendo le aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete un soggetto legittimato a partecipare alle procedure di affidamento con una normativa assimilabile a quella degli RTI per quanto compatibile. La sola azione su questi due articoli, entrambi collocati nel Capo II “requisiti dei partecipanti alle procedure di affidamento”, senza intervenire minimamente sulla parte relativa alla fase di esecuzione del contratto evidenzia quindi che il contratto di rete, che deve essere stipulato almeno prima dell’offerta, arriva legittimamente alla fase di esecuzione solo ed esclusivamente se è stata la forma di partecipazione alla gara con conseguente aggiudicazione.
A seguito della modifica normativa l’Autorità interviene nuovamente nel 2013 (determina AVCP n. 3 del 23 aprile 2013) e distingue tre tipologie di contratto di rete che si differenziano in base al grado di soggettività giuridica che emerge dal contenuto del contratto stesso. Anche in questa sede il rapporto tra aggregazioni d’imprese e appalto è legittimato solo ed esclusivamente dal punto di vista della partecipazione alle gare nella forma aggregativa e conseguente fase esecutiva che, come nel documento di consultazione, è un “di cui” della partecipazione come aggregazione di imprese facenti parte di un contratto di rete.
Con l’intervento nel 2013 sul d.lgs. 276/2003 c.d. “Legge Biagi” sono cominciati ad emergere due aspetti di natura giuslavoristica del contratto di rete, volti a semplificare il rapporto datoriale con i lavoratori: la possibilità di utilizzare l’istituto del distacco del personale tra retisti in forma semplificata, in quanto l’interesse del distaccante non deve essere dimostrato ma è in re ipsa nell’aver stipulato il contratto di rete; il c.d. “regime di codatorialità” ovvero la possibilità dei retisti di assumere personale che avrà più datori di lavoro. Anche in questo caso è evidente che suddetti aspetti di semplificazione, così come la volontà di partecipare a gare d’appalto, devono essere una conseguenza della scelta di aver stipulato il contratto di rete e non la sua causa.