Rilevanza edilizia ed urbanistica delle aree agricole
Mario Petrulli
La zona agricola rappresenta una materia di notevole interesse perché spesso oggetto di dubbi nell’operatività dell’ufficio tecnico: in particolare, in questa occasione, ci occuperemo di alcuni aspetti particolarmente rilevanti di interventi edilizi nella suddetta zona e della duttilità urbanistica di quest’ultima.
Ipotesi di attività edilizia libera nella zona agricola
È noto che l’art. 6 comma 1 del Testo Unico Edilizia considera ipotesi di attività edilizia libera “i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari” (lett. d)) e “le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola” (lett. e)).
Può essere utile ricordare alcuni casi concreti tratti dalla giurisprudenza più recente, anche allo scopo di meglio circoscrivere l’ambito di operatività della norma.
Il T.A.R. Toscana, sez. III, nella sentenza 8 maggio 2019, n. 684, ha precisato che il reimpianto di un nuovo vigneto in sostituzione di quello precedente ormai improduttivo deve essere qualificato come movimento di terra pertinente ad attività agricola che, non comportando un’alterazione permanente dello stato dei luoghi, non è soggetto al previo rilascio né di un titolo edilizio né di un’autorizzazione paesaggistica.
Il T.A.R. Piemonte, sez. II, nella sentenza 26 settembre 2018, n. 1056, ha affermato che l’interramento, al di sotto di una strada interpoderale, di un tratto di tubazione funzionale all’uso irriguo dei fondi di proprietà è attività edilizia libera, ricompresa nell’art. 6 comma 1 lett. d) del Testo Unico Edilizia, norma che si riferisce sia ai “movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola”, sia alle “pratiche agro-silvo-pastorali”, sia agli “interventi su impianti idraulici agrari”, in quanto riconducibili a tali pratiche. Secondo i giudici, una lettura non parcellizzata della norma consente di farvi rientrare anche tale tipo di intervento, in quanto riguardante la posa di opere destinate ad un uso irriguo funzionale all’attività agricola, nonché i connessi movimenti di terra.
Il Consiglio di Stato, sez. VI, nella sentenza 21 marzo 2018, n. 1830, ha ribadito il principio secondo cui rientra fra le attività edilizie libere, non sottoposte al regime del permesso di costruire, la movimentazione di terreno vegetale al fine di livellare una grossa area del fondo agricolo, attraverso asporto di terreno da un lato della preesistente strada interpoderale e riempimento di ampie zone create con l’apposizione di staccionate di contenimento in legno, in specie tenuto conto delle caratteristiche dei luoghi e della funzionalizzazione esclusiva degli interventi al migliore sfruttamento del fondo a fini agricoli.
Anche la realizzazione di una “fitta staccionata in pali di legno di castagno, di lunghezza ml 19,50 circa, d’altezza media m. 1,50 circa con sovrastante passamano in pali in legno di castagno, d’altezza m. 1,10 circa”, funzionale al contenimento del terreno deve qualificarsi come un intervento di pratica agro-silvopastorale, di cui all’art. 6 comma 1 lett. d) del Testo Unico Edilizia: è quanto affermato dal T.A.R. Campania, Salerno, sez. VII, nella sentenza 13 luglio 2017, n. 3749.
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L’autorizzazione paesaggistica e gli interventi edilizi in zona agricola
L’art. 149 (rubricato Interventi non soggetti ad autorizzazione) comma 1 del Codice dei beni culturali e del paesaggio dispone che non è richiesta l’autorizzazione paesaggistica: “b) per gli interventi inerenti all’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico del territorio”;
“c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall’articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia”.
Come evidenziato dalla giurisprudenza, la ratio della disposizione può essere individuata nella volontà di non limitare quelle facoltà di sfruttamento economico dei suoli – quali l’agricoltura – che, nella loro normale pratica, contribuiscono alla conservazione del territorio, in chiave non antagonista rispetto alla tutela del paesaggio, poiché normalmente la tutela vincolistica non ha a oggetto uno specifico paesaggio agricolo.