Scuola e famiglia nel mondo difficile
Franco Nanni
Quando si parla dei rapporti tra la scuola e la famiglia non si dovrebbe cadere nella tentazione di trattarli come se fossero un insieme di tecniche comunicative: essi sono parte di un sistema più vasto che comprende tre protagonisti e un contesto: gli alunni, i genitori, gli insegnanti e la società con tutto il suo correlato di complessità.
Ritengo necessario spendere qualche parola sul terzo fondamentale polo della relazione, gli alunni. Oggi stanno infatti avanzando velocemente e diffusamente condizioni limitanti di crescita, di accudimento e di educazione che definirei come nuove povertà educative.
I dati portano a ritenere che un armonico sviluppo psico-neurologico del bambino dipenda da una serie di processi legati a diversi tipi di interazioni con l’ambiente (Oliverio, 2015), e che dunque dietro tante difficoltà possano esservi forme di deprivazione; eccone le principali:
1. la deprivazione di relazioni personali 1:1 con adulti, a favore di lunghe permanenze nelle strutture educative collettive (Fort, Ichino, Zanella, 2016);
2. la scarsa presenza genitoriale quantitativa e qualitativa;
3. la deprivazione di spazi motori e ludici liberi e all’aria aperta;
4. la deprivazione di gioco libero propriamente detto;
5. l’uso eccessivo di dispositivi elettronici in età precoce o precocissima.
L’insieme di queste deprivazioni conduce a carenze o anomalie nell’autoregolazione emotiva, comportamentale, attentiva e cognitiva.
Già a partire dagli anni Settanta la sociologia ha descritto come la famiglia normativa abbia lasciato il posto alla famiglia affettiva: la prima assumeva un ruolo forte di trasmissione di valori, obblighi morali e civili, di un sapere relativo alla vita e alla socialità, laddove la famiglia affettiva mette al primo posto nella relazione coi figli gli aspetti emotivi attraverso lo scambio spesso paritario di supporto, calore e convivialità; l’obbedienza ha ceduto il posto all’affetto.
Il consumismo spinto degli ultimi decenni ha cambiato ancora la famiglia, come scrive Z. Bauman: “La nostra è un’epoca nella quale i figli sono, prima di ogni altra cosa e più di ogni altra cosa, oggetti di consumo emotivo. Gli oggetti di consumo soddisfano i bisogni, desideri o capricci del consumatore, e altrettanto fanno i figli. I figli sono desiderati per la gioia dei piaceri genitoriali che si spera arrecheranno, il tipo di gioie che nessun altro oggetto di consumo, per quanto ingegnoso e sofisticato,
può offrire” (Bauman, 2007).