Smart city come human city. Tre variazioni sul tema: beni culturali, paesaggio e settore alimentare
Sandro Amorosino
1. – Tra le locuzioni che, in modo immediato, evocano la complessità e la multidisciplinarietà (e, in certa misura, una moda) vi è – sovraccarica di significati e di implicazioni – smart city.
Per il giurista – al di là della percezione che si tratta dell’oggetto di una serie di politiche pubbliche di lungo periodo, dunque di programmi da coordinare – vi è la difficoltà di individuare regole, istituti giuridici e strutture organizzative relativi ad un oggetto “nebuloso” e rapidamente cangiante.
Per (tentare di) sottrarsi all’accoppiata “descrittività/ripetitività”, pressoché inevitabile visto l’affollarsi di studi e documenti pretesamente olistici, è preferibile scegliere una tra le tante chiavi di lettura individuate dagli studiosi.
I temi di seguito oggetto di rapide notazioni si collocano tutti nel filone che – schematizzando – si articola nella seguente proposizione: la smart city come insieme di politiche finalizzate, tra l’altro, all’organizzazione ed efficiente funzionamento di una human city (la città intelligente al servizio dell’uomo, quindi contesto e strumento di una migliore qualità della vita).
È un filone che nell’ormai classica intavolazione su sei assi portanti proposta da studiosi del Politecnico di Vienna – la smart city come sommatoria di: smart economy, smart mobility, smart environment, smart people, smart living e smart governance – si colloca sul quinto asse, sintetizzabile come l’insieme delle azioni e delle misure ordinate al miglioramento della qualità della vita urbana.
E – scendendo per li rami – nell’ambito della qualità della vita vengono in rilievo sia le dotazioni culturali (che con il paesaggio formano il patrimonio culturale) sia alcuni fattori di gratificazione ed anche di salute delle persone.
2. – Le brevi notazioni che seguono sono dedicate alla collocazione e funzione – nelle futuribili smart cities italiane – di tre
(tra i tanti) fattori di qualità della vita: i beni culturali, il paesaggio e l’alimentazione.
Si tratta di tematiche eterogenee, che hanno in comune tre elementi estrinseci:
–– il primo – la loro inerenza al benessere, fisico ed intellettuale, degli abitanti delle città – appare intuitivo: non eget probationem, ma solo specificazioni;
–– il secondo è l’innegabile rilevanza di ciascuno di essi nell’organizzazione e funzionamento di città intelligenti a misura delle persone. Naturalmente tale rilevanza sussiste – spesso come criticità – anche in relazione alle attuali città “no smart”; tanto più essa vi sarà, in futuro, data la tendenza mondiale delle popolazioni a concentrarsi nelle città, centri di gravitazione dei poteri (pubblici e privati), delle risorse finanziarie, delle conoscenze ed anche dei conflitti politici e sociali;
–– il terzo è la novità, o seminovità, di questi temi nei, pur svariatissimi, studi e ricerche in materia di smart city.
Ciò giustifica (si spera) un approccio liminare e – come s’usa dire – un po’ “random”.
Assumendo come postulato il primo elemento, e come giustificazione preventiva il terzo, l’attenzione deve concentrarsi dunque
sul secondo, ch’è quello sostanziale: la correlazione di ciascuno dei tre temi con lo “scenario smart city”, partendo, naturalmente dallo “stato delle cose amministrative” nelle città attuali.