Tattica o strategia
Emiliano Bezzon
Tattica o strategia
Non voglio certo scomodare argomenti e dissertazioni più consone alla tradizione militare. Piuttosto vorrei condividere una notizia appena apparsa sulle pagine locali di un noto quotidiano, riferita ad un Comando di polizia municipale di una città capoluogo di provincia del nord del Paese.
Va da sé che l’obiettivo non è certo quello di commentare la notizia in quanto tale, ma di trarne spunto per una più ampia riflessione sull’attualità della polizia locale italiana. Il titolo è indicativo “Arrivano i super vigili del Nost”; sottotitolo “è nato ufficialmente il Nucleo Operativo Sicurezza Tattica, nuovo reparto scelto della polizia locale di quattordici agenti, sette uomini e sette donne”.
Nel corpo dell’articolo si può vedere l’immagine del team al completo, con comandante e assessore, oltre alla doviziosa descrizione della nuova uniforme anti taglio con basco nero, ma anche casco, spray oc e bastone tattico, su cui campeggia uno scorpione, simbolo del nuovo comandante; così si legge.
I compiti del nucleo, integrato da un cane dal nome emblematico “Narco”, saranno quelli della lotta allo spaccio di sostanze stupefacenti e al degrado urbano, con un occhio particolare anche alle cosiddette fasce deboli, vale a dire bambini, donne e anziani. Il nucleo, si continua a leggere, composto su base volontaria, sarà operativo h 24 e addestrato settimanalmente sulle tattiche di sicurezza senza farsi male o far male. Questa è la notizia, che ho riportato fedelmente, senza cambiare o aggiungere sostantivi o aggettivi rispetto a quanto si può leggere in rete.
Le riflessioni che si possono fare, limitandosi a trarre spunto da questa storia senza volerla o poterla ovviamente commentare, sono molteplici e riguardano alcuni grandi temi.
Il primo è quello dell’identità della polizia locale: cosa deve fare e, di conseguenza, cosa deve intendersi per missione specifica e ruolo, nel complesso disegno della sicurezza partecipata.
Il secondo, direttamente consequenziale, è quello del rapporto con le forze di polizia dello Stato che, da poco, ha avuto nuovo impulso e regolamentazione nel cosiddetto Decreto Minniti, in relazione al quale sono appena state pubblicate le linee guida per i patti locali di sicurezza.
Il terzo è quello del rapporto con la politica locale, che ha tutto il diritto di stabilire e dettare gli indirizzi e gli obiettivi dei corpi di polizia municipale, ma deve farlo restando nell’ambito del sistema giuridico vigente, ivi compresa la normativa più recente in materia di sicurezza urbana.
Il quarto sta proprio nella sempre maggiore difficoltà a fare chiarezza, anche terminologica (e logica) nel complesso legislativo e dottrinario in materia di sicurezza, dovendo ora annoverare anche il nuovo – e a me sconosciuto – concetto di sicurezza tattica.
Il quinto sta nella complessità dell’azione comunicativa riferita all’operato delle polizie locali, specie con riferimento ai media, che rischia di dare immagini fuorvianti, sempre più difficili da gestire, soprattutto nell’ambito dei social, ormai affollatissimi di commenti ben oltre i limiti della legalità, oltre che della buona educazione, ma difficilmente perseguibili.
Il sesto sta nella rilevanza della formazione (o addestramento) per la migliore qualità ed efficacia dell’azione di polizia anche locale.
Le riflessioni su ognuno di questi punti e, immagino, su molti altri che ognuno potrà individuare finiscono sempre per lasciare un po’ di amaro in bocca.
A me viene solo da chiedermi e chiedere a chiunque lavori nelle migliaia di polizie municipali italiane questa cosa: come mai, ancora oggi, i Carabinieri rimangono l’istituzione pubblica in cui gli italiani ripongono maggiore fiducia e a cui attribuiscono maggiore riconoscenza, come risulta da ogni sondaggio?
Sarà forse per i Gruppi di Intervento Speciale o per la miriade di stazioni sparse sul territorio nazionale?
Il problema non sono certo i baschi, le tute operative o gli acronimi, che rischiano di durare quanto un articolo di giornale. Il discorso di fondo verte sulla scelta fondamentale che le polizie locali devono fare: realizzare attività straordinarie e, per definizione, limitate o perseguire l’obiettivo della straordinaria qualità dell’operato quotidiano?
Per ufficiali e comandanti (nonché sindaci e assessori delegati), invece, il modello di riferimento è quello delle teste di cuoio o della compagnia carabinieri/commissariato di polizia o altra aggregazione similare, magari mutuata da modelli esteri? In tutto questo, non dobbiamo mai dimenticarlo, gioca un ruolo fondamentale anche il nostro interlocutore principale, che è il cittadino.
Ogni giorno si domanderà, con difficoltà sempre crescente, cosa gli sarà consentito di chiedere ai suoi poliziotti locali o vigili urbani che dir si voglia, con sempre minore confidenza e sempre più distacco.