“Spoon River” del tempo pieno
Giancarlo Cerini
Una storia che viene da lontano.
Spesso nel dibattito attuale sul futuro della scuola e sul divario Nord-Sud, che tanti problemi di mobilità sembra provocare ai docenti, si sente ripetere che il Nord dispone di maggiori posti di insegnante in quanto è avvantaggiato dalla presenza di molte scuole e classi a tempo pieno, quasi che questo dato fosse il frutto di un’elargizione benevola di posti di organico da parte del Ministero.
Si ignora che dietro i numeri o le percentuali di frequentanti il tempo pieno (a Milano oltre l’80% dei bambini delle scuole elementari, a Modena oltre il 75%) ci sono vicende storiche di tutto rispetto, scuole sperimentali, impegni di donne e uomini di scuola, modelli didattici innovativi e sperimentali. Inoltre, il tempo pieno non è stato solo una invenzione della legge 820 del 20 settembre 1971. Ben prima, in tante città si erano sviluppati doposcuola o tempi scuola integrati, a opera del Patronato scolastico o degli Enti locali, iniziative che spesso erano diventate la premessa di esperienze scolastiche fortemente innovative, poi consolidatesi nel modello classico del tempo pieno.
È la presenza diffusa di questi nuclei di docenti e dirigenti innovatori che ha caratterizzato una intera stagione della scuola italiana, prevalentemente nelle aree del Nord, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte in primis.
I valori di riferimento.
È interessante sottolineare come il modello del tempo pieno abbia modificato il modo di sentire dei docenti, costruendo una vera e propria identità professionale. In particolare, il gruppo dei docenti che ha contribuito a fondare il tempo pieno ostenta ancora una fedeltà molto forte alla situazione organizzativa in cui si è trovato a fare questa esperienza, tanto da identificarvi
quasi la propria vita professionale, mentre le generazioni successive non mostrano altrettanto entusiasmo nel testimoniare la propria appartenenza a un plesso o a uno specifico modello organizzativo.
Alcuni valori professionali sono comuni a tutti i maestri, a partire da un’acuta ‘sensibilità pedagogica’. Il riferimento costante è alla responsabilità verso gli alunni (oltre il 90 % ne fa aperta professione), piuttosto che verso le autorità scolastiche o i docenti degli altri ordini scolastici. Alta è anche la disponibilità verso i colleghi del team (questo dato appare come un ‘vissuto’ professionale fortemente introiettato), verso i genitori e la comunità in generale.